La verità-realtà dovrebbe essere
qualcosa che non muore, eterna. Ma il mondo in cui viviamo segue un altro
modello che potremmo definire di creazione-distruzione, di nascita-morte – non
solo per quanto riguarda le cose al di fuori, ma anche quelle dentro.
Siamo sempre in guerra contro gli altri
e contro noi stessi, e siamo sempre a contare chi nasce e chi muore. Le guerre
esterne sono visibili a tutti, mentre quelle interne sono invisibili ma non
meno aspre. Per esempio, lottiamo contro parti di noi stessi che non
approviamo: la rabbia, l’invidia, la gelosia, l’impazienza, la lussuria, la
distrazione, la violenza, ecc. Poiché ci sembrano parti negative cerchiamo di
annientarle, senza capire che sono un tutt’uno con le parti che riteniamo
positive.
Il modo di capire il nostro mondo è
molto semplice: ciò che muore, ciò che finisce, ciò che scompare (dopo essere
comparso per motivi a noi ignoti) non è vero, non è reale, è apparente, è
provvisorio, è illusorio, è pauroso.
Quando abbiamo paura, cerchiamo di
fuggire, di negare o di distruggere. Ed è per questo che il conflitto non cessa
mai e, con esso, le nascite e le morti.
Ora cambiamo modello. Se restiamo fermi
e concentrati a guardare il mondo che muta, entriamo in un’altra dimensione.
È come stare su un aereo avendo paura
di volare. Quando abbiamo paura, ci nascondiamo, chiudiamo gli occhi, cerchiamo
di non guardare.
Ma, se vogliamo vincere la paura del
divenire, è meglio sedersi davanti al finestrino o nella cabina del pilota e
abituarci a guardare con la massima attenzione il paesaggio, noi stessi, l’aereo
e tutto.
Aprire gli occhi e contemplare con
presenza mentale è il modo migliore per vincere la paura ed entrare nella
dimensione di ciò che non nasce e non muore.
Buongiorno!
RispondiEliminaUltimamente nei Suoi post usa spesso la parola "presenza mentale".
Lei stesso, in un post precedente ha scritto "È dunque sbagliato parlare di “presenza mentale” – dovremmo parlare di presenza non-mentale o presenza non-condizionata."
Eppure lo continua ad usare, qui addirittura come via d'uscita dalla paura...ha per Lei forse un altro significato o è un concetto diverso?
Dobbiamo forse comunque usare la mente, anche per essere presenti?
Alla fine è sempre la mente che ci fa percepire la presenza oltre la mente...solo che ora è diventata chiara e limpida? O quella sensazione di presenza pura e illimitata e di pace e benessere è sempre al di là della mente?
Grazie.
Alexandra
Purtroppo non possiamo fare a meno della mente, anche quando cerchiamo di superarla. Lo scopo della meditazione sarebbe quello di trascendere la mente convenzionale, il linguaggio e i concetti e le sensazioni dualistiche. Ma è chiaro che il processo è guidato fino a un certo punto dalla mente stessa, una mente che non vuole affatto farsi mettere da parte. C'è sempre una resistenza e una paura fondamentale.
RispondiEliminaE' come fare un tuffo da un trampolino: ci avviciniamo alla punta guardinghi e paurosi - ma alla fine che cosa ci fa decidere di saltare? Non è più la mente prudente e tremebonda; è un lasciarsi andare, un lasciar andare, un affidarsi al tutto sperando in bene, una specie di coraggio o di incoscienza. Per questo si parla di non mente.
Ciò che ci fa saltare è già al di là della mente, è il "non" della mente.
Grazie!
RispondiEliminaBuona giornata.
Alexandra