In meditazione cerchiamo stati di
tranquillità e di pace, non per un quietismo fine a se stesso, ma perché la
passionalità e l’agitazione portano a sofferenze peggiori. Fateci caso: quando
provate odio, rabbia o avversione avete già la vostra punizione senza dover
aspettare nessun inferno. Infatti vi trovate in uno stato nevrotico in cui
consumate voi stessi e non trovate riposo.
Ma anche quando siete troppo attaccati
a qualcosa o a qualcuno, primo vivete nella paura di perderlo e secondo, se lo
perdete, cadete nella disperazione. Ecco perché è sempre preferibile mantenersi
lontani dagli estremi, senza respingere e senza attaccarsi. Ecco perché la
chiara distensione è la via verso la pace.
E la pace mentale è migliore di ogni
altra felicità.
Applichiamo la consapevolezza ai nostri
variabili stati mentali, esaminiamo che cosa ci eccita e che cosa ci calma, e
già abbiamo la via verso la saggezza.
La felicità non come stato estremo, ma
come sereno godimento.
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