La presenza mentale, la consapevolezza
(che è il fondamento della pratica della meditazione) non va intesa come una
specie di sostanza divina. Non dobbiamo fare come i cristiani che fanno di
tutto una sostanza dotata di personalità: Dio è una specie di persona (che non
a caso si incarna in un uomo) e così è lo Spirito Santo.
La consapevolezza è una funzione,
qualcosa che non esiste in sé, e trascende i pensieri e le immagini antropomorfe.
Il nostro scopo non è pregare qualcuno, ma adottare una posizione riflessiva,
applicare una funzione conoscitiva.
Invece di cedere allo svolgersi dei
pensieri, con cui ci identifichiamo, ne usciamo fuori attraverso una diversa
prospettiva dell’attenzione. E quindi ci poniamo in un atteggiamento di
distacco. Noi non siamo i nostri pensieri, noi non siamo le nostre sensazioni,
ecc. E chi o che cosa siamo?
Attenti a non rispondere a questa
domanda, che vi farebbe finire inevitabilmente (attraverso i concetti) a
supporre un io superiore o un’anima (altre idee astratte).
Noi rimaniamo nel qui e ora, senza
andare a pescare ricordi (passati) o a fare congetture sul futuro. Noi restiamo
nell’attimo presente, che è per così dire al di fuori del tempo.
L’io in fondo è una nostra idea. Ma
restando nell’attualità che cos’è? E c’è?
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