Credere di liberarsi dal desiderio semplicemente
reprimendolo è la cosa più stupida che si possa fare, soprattutto a livello
sensuale/sessuale. Come dimostrano le tristi vicende dei preti pedofili nella
Chiesa cattolica, se il desiderio sessuale viene represso da una parte, salta
fuori da un’altra, ancora peggiore. L’idea quindi di vietare la sessualità alla
categoria dei sacerdoti è la più innaturale possibile, qualcosa di velleitario
e dannoso.
L’uomo è l’essere desiderante per
eccellenza. Sappiamo che il buddhismo sostiene, primo, che la vita non sfugge
mai alla sofferenza, e, secondo, che la causa della sofferenza è il desiderio.
Ma rinunciare al desiderio è rinunciare al’essere esseri umani, anzi esseri
viventi. Non a caso, poi, il buddhismo afferma che, per risolvere il problema,
bisogna arrivare ad un’estinzione della vita – non ci sono vie di mezzo.
Bisogna però considerare che la
vecchiaia porta ad una naturale diminuzione del desiderio sessuale, ma non per
questo risolve alcun problema. La verità è che esistono desideri ben più devastanti
di quello sessuale, per esempio il desiderio di potere, di essere importanti,
di prevalere sugli altri. Ne sono un esempio i due discepoli di Gesù che
discutevano fra loro su chi sarebbe stato “il più grande in cielo”. Come dire
che le ambizioni non finiscono mai.
In meditazione non ci si sogna di
invitare a non avere desideri (il che sarebbe un altro desiderio) ma ad esserne
consapevoli e a lasciar via libera a quelli naturali.
Ogni desiderio deve essere esaminato al
suo sorgere e, se si rivela illusorio o inutile, finisce per cadere dal solo.
Perché il desiderio, come ogni altra cosa, sorge e se ne va.
Ma è chiaro che alla fine, quando tutti
i desideri se ne andranno, se ne andrà anche la vita – e sperabilmente anche il
desiderio di vivere o rivivere. Se il nostro inizio incomincia con i desideri,
la nostra trascendenza incomincerà con la fine dei desideri.
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