La natura ondulatoria e quella corpuscolare della luce non possono essere osservate simultaneamente
La natura ondulatoria e quella corpuscolare della luce non possono essere osservate simultaneamenteMaryna Poliashenko/Getty Images

Proprio come Superman, anche la luce ha due identità che sono impossibili da vedere contemporaneamente. A raccontarlo sono stati i fisici del Massachusetts Institute of Technology (Mit) che hanno eseguito una nuova versione dell'esperimento della doppia fenditura, dimostrando, con precisione atomica, la dualità della luce. I loro risultati, appena pubblicati sulla rivista Physical Review Letters, risolvono anche il lunghissimo dibattito scientifico sulla natura della luce tra i due fisici Albert Einstein e Niels Bohr, confermando che Einstein si sbagliava su questo particolare scenario quantistico.

Cos'è l'esperimento della doppia fenditura

L'esperimento della doppia fenditura è stato eseguito per la prima volta nel 1801 dallo studioso britannico Thomas Young per dimostrare il comportamento ondulatorio della luce. Diventato oggi un pilastro della meccanica quantistica, l'esperimento della doppia fenditura è noto per una semplice dimostrazione, ossia che la luce esiste sia come particella che come onda.

L'esperimento originale mostrava come la luce, passando attraverso due fessure parallele, producesse strisce luminose e scure alternate, in una figura di interferenza simile a quella che si verifica quando due increspature in uno stagno si incontrano e suggerendo, quindi, che la luce si comporta come un'onda. Tuttavia, quando si cercava di capire quale fenditura fosse attraversata dalla luce, quest'ultima improvvisamente si comportava come una particella e la figura di interferenza scompariva. Questo strano fenomeno, quindi, viene oggi usato per illustrare il principio fondamentale della meccanica quantistica.

Il dibattito tra Einstein e Bohr

Quasi un secolo fa, l'esperimento della doppia fenditura fu al centro di un dibattito tra i fisici Albert Einstein e Niels Bohr. Nel 1927, Einstein, infatti, sosteneva che una particella di fotone dovesse passare attraverso una sola delle due fenditure e, nel processo, generare una leggera forza su quella fenditura, rilevabile osservando una figura di interferenza e cogliendo così contemporaneamente la natura corpuscolare e ondulatoria della luce.

In risposta, Bohr applicò il principio di indeterminazione della meccanica quantistica e dimostrò che la rilevazione del percorso del fotone avrebbe cancellato la figura di interferenza e che quindi era impossibile cogliere simultaneamente la duplice natura della luce. Da allora, gli scienziati hanno eseguito diverse versioni dell'esperimento della doppia fenditura, confermando la validità della teoria quantistica formulata da Bohr.

La nuova variante

Ora, i fisici del Mit hanno eseguito la versione più "idealizzata" dell'esperimento della doppia fenditura fino ad oggi per accrescere le nostre conoscenze del fenomeno. Grazie a un innovativo approccio, infatti, la loro versione ha ridotto l'esperimento ai suoi elementi quantistici essenziali: hanno usato singoli atomi, portandoli a temperature prossime allo zero assoluto e organizzandoli in una configurazione definita da una serie di raggi laser, come fenditure.

In questa disposizione, ogni atomo è sufficientemente lontano da ogni altro atomo da poter essere effettivamente considerato un singolo atomo isolato e identico. E in questo modo i ricercatori hanno ipotizzato che fosse possibile proiettare un debole fascio di luce attraverso gli atomi e osservare come un singolo fotone si diffonde da due atomi adiacenti, sotto forma di onda o particella.

La natura della luce

"Einstein e Bohr non avrebbero mai pensato che fosse possibile condurre un simile esperimento con singoli atomi e singoli fotoni", ha commentato Wolfgang Ketterle, tra gli autori dello studio. "Quello che abbiamo fatto può essere considerato una nuova variante dell'esperimento della doppia fenditura e questi singoli atomi sono come le fenditure più piccole che si possano costruire”. Dall'intensità della luce rilevata, i ricercatori hanno potuto dedurre direttamente se la luce si comportasse come una particella o un'onda e ciò ha permesso loro di confermare le previsioni della meccanica quantistica, ossia che la natura ondulatoria e quella corpuscolare di un fotone non possono essere osservate simultaneamente.