Nel nostro linguaggio ci sono tante
antinomie che possono essere usate nei campi più diversi, in fisica, in
psicologia, nelle percezioni, nei pensieri, nei sentimenti, nelle emozioni e in
genere negli eventi della vita. Per esempio: alto/basso, dentro/fuori, su/giù, più/meno,
pace/guerra, vincita/perdita, maschio/femmina, positivo/negativo,
attrazione/repulsione, inizio/fine, destra/sinistra, freddo/caldo… Facciamo il
caso del contrasto complementare positivo/negativo: può essere usato nelle
scienze, nella tecnica, negli atteggiamenti, nella psicologia, nei
comportamenti, negli eventi… dappertutto.
Tutto può essere definito positivo
o negativo, proprio tutto.
Non sappiamo da dove le diadi
partano; da quale campo, in quale tempo, per poi estendersi agli altri. Sono lì
da millenni, in tutte le lingue, e funzionano bene. Di solito lo studio delle
etimologie ci è utile per capire la loro origine, ma non sappiamo chi ne sia
stato il creatore. Sembrano un prodotto del linguaggio umano che è diventato
sempre più complesso.
Ma la domanda cruciale è: sono
semplici concetti contrastanti ma complementari o corrispondono
effettivamente alla realtà? Per esempio, se dico: “Sono su o giù” o “sono positivo/negativo”,
questo certamente corrisponde a qualcosa che sento concretamente, a una mia
esperienza – vera o falsa che sia.
Per esempio, se vedo nella penombra
una corda attorcigliata per terra, posso scambiarla per un pericoloso serpente
e provare paura. Ora, la paura è reale, anche se in un secondo momento scopro
che era stato un inganno dei sensi. Le esperienze sono sempre reali, anche se
non sempre sono vere (corrispondenti alla realtà). Ma l’esperienza di paura è
reale.
All’origine di queste parole
(paura/coraggio, ombra/luce, ecc.) vi è sempre un’esperienza, che non può
essere negata. Quando uso le antinomie paura/coraggio o ombra/luce, tutti sanno
di che cosa si tratti.
L’esperienza non è un criterio di
verità, ma certamente di realtà. Devo dunque concludere che le parole, i
relativi pensieri, le sensazioni, i sentimenti duali… sono sempre reali. Anche
se si tratta di sogni o illusioni. Anche se si tratta di semplici fantasie. Le
fantasie, in quanto fantasie, sono reali!
Solo il confronto con le altre
esperienze mi dirà poi se sono vere o false (altra diade!). Se penso all’antinomia
dio/diavolo, e non ho esperienza concreta di nessuno dei due, devo concludere
che sia solo immaginaria – almeno per ora!
Ma è vero anche il contrario: se ho
esperienza anche solo di uno dei due poli della diade, il contrario deve
esistere. Se ho esperienza della vita (e ce l’ho per forza!), devo o dovrò
avere esperienza della morte. Se ho esperienza della mortalità… so che esiste o
esisterà il suo contrario – almeno a livello di esperienza.
Questo per l’esistenza delle cose…
ovvero delle esperienze delle cose.
Uso i due tempi verbali “esiste” o
“esisterà” perché di alcune polarità contrarie e complementari (per esempio,
l’immortalità) possiamo non avere per ora
un’esperienza. Ma, siccome le due polarità sono collegate, se c’è l’una, c’è o
ci sarà anche l’altra. Di questo almeno possiamo essere sicuri.
Naturalmente le esperienze non ci
confermano che una cosa sia vera o no. Noi non possiamo uscire dalle nostre
esperienze per sapere se le cose siano reali o no, perché non abbiamo un
termine di riferimento assoluto e oggettivo. Possiamo contare solo sulle nostre
percezioni, sulla nostra coscienza. Può darsi che la nostra esperienza sia solo
un sogno o illusoria e che non ci dia una corrispondenza con la cosa che
crediamo.
Può darsi che ci sia una cosa (la
realtà) completamente o parzialmente diversa.
Allora il problema non è più
cercare una ipotetica realtà “oggettiva”, al di fuori di noi (non possiamo
uscire dalla diade soggettivo/oggettivo, fuori/dentro), ma crearla, farla
funzionare.
Se la diade funziona (nel senso che
conosciamo uno dei due poli), noi facciamo esistere l’altro. Non si
tratta di una semplice conoscenza di un’ipotetica realtà oggettiva, esterna a
noi, ma di una creazione! Se io creo un’opera d’arte, un materiale
nuovo, un programma digitale o un algoritmo, quell’opera d’arte, quel materiale,
quel programma o quell’algoritmo esisteranno realmente in quanto creati.
Questa è l'unica certezza che abbiamo.
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