lunedì 18 marzo 2024

Non sono solo parole

 

Nel nostro linguaggio ci sono tante antinomie che possono essere usate nei campi più diversi, in fisica, in psicologia, nelle percezioni, nei pensieri, nei sentimenti, nelle emozioni e in genere negli eventi della vita. Per esempio: alto/basso, dentro/fuori, su/giù, più/meno, pace/guerra, vincita/perdita, maschio/femmina, positivo/negativo, attrazione/repulsione, inizio/fine, destra/sinistra, freddo/caldo… Facciamo il caso del contrasto complementare positivo/negativo: può essere usato nelle scienze, nella tecnica, negli atteggiamenti, nella psicologia, nei comportamenti, negli eventi… dappertutto.

Tutto può essere definito positivo o negativo, proprio tutto.

Non sappiamo da dove le diadi partano; da quale campo, in quale tempo, per poi estendersi agli altri. Sono lì da millenni, in tutte le lingue, e funzionano bene. Di solito lo studio delle etimologie ci è utile per capire la loro origine, ma non sappiamo chi ne sia stato il creatore. Sembrano un prodotto del linguaggio umano che è diventato sempre più complesso.

Ma la domanda cruciale è: sono semplici concetti contrastanti ma complementari o corrispondono effettivamente alla realtà? Per esempio, se dico: “Sono su o giù” o “sono positivo/negativo”, questo certamente corrisponde a qualcosa che sento concretamente, a una mia esperienza – vera o falsa che sia.

Per esempio, se vedo nella penombra una corda attorcigliata per terra, posso scambiarla per un pericoloso serpente e provare paura. Ora, la paura è reale, anche se in un secondo momento scopro che era stato un inganno dei sensi. Le esperienze sono sempre reali, anche se non sempre sono vere (corrispondenti alla realtà). Ma l’esperienza di paura è reale.

All’origine di queste parole (paura/coraggio, ombra/luce, ecc.) vi è sempre un’esperienza, che non può essere negata. Quando uso le antinomie paura/coraggio o ombra/luce, tutti sanno di che cosa si tratti.

L’esperienza non è un criterio di verità, ma certamente di realtà. Devo dunque concludere che le parole, i relativi pensieri, le sensazioni, i sentimenti duali… sono sempre reali. Anche se si tratta di sogni o illusioni. Anche se si tratta di semplici fantasie. Le fantasie, in quanto fantasie, sono reali!

Solo il confronto con le altre esperienze mi dirà poi se sono vere o false (altra diade!). Se penso all’antinomia dio/diavolo, e non ho esperienza concreta di nessuno dei due, devo concludere che sia solo immaginaria – almeno per ora!

Ma è vero anche il contrario: se ho esperienza anche solo di uno dei due poli della diade, il contrario deve esistere. Se ho esperienza della vita (e ce l’ho per forza!), devo o dovrò avere esperienza della morte. Se ho esperienza della mortalità… so che esiste o esisterà il suo contrario – almeno a livello di esperienza.

Questo per l’esistenza delle cose… ovvero delle esperienze delle cose.

Uso i due tempi verbali “esiste” o “esisterà” perché di alcune polarità contrarie e complementari (per esempio, l’immortalità) possiamo non avere per ora un’esperienza. Ma, siccome le due polarità sono collegate, se c’è l’una, c’è o ci sarà anche l’altra. Di questo almeno possiamo essere sicuri.

Naturalmente le esperienze non ci confermano che una cosa sia vera o no. Noi non possiamo uscire dalle nostre esperienze per sapere se le cose siano reali o no, perché non abbiamo un termine di riferimento assoluto e oggettivo. Possiamo contare solo sulle nostre percezioni, sulla nostra coscienza. Può darsi che la nostra esperienza sia solo un sogno o illusoria e che non ci dia una corrispondenza con la cosa che crediamo.

Può darsi che ci sia una cosa (la realtà) completamente o parzialmente diversa.

Allora il problema non è più cercare una ipotetica realtà “oggettiva”, al di fuori di noi (non possiamo uscire dalla diade soggettivo/oggettivo, fuori/dentro), ma crearla, farla funzionare.

Se la diade funziona (nel senso che conosciamo uno dei due poli), noi facciamo esistere l’altro. Non si tratta di una semplice conoscenza di un’ipotetica realtà oggettiva, esterna a noi, ma di una creazione! Se io creo un’opera d’arte, un materiale nuovo, un programma digitale o un algoritmo, quell’opera d’arte, quel materiale, quel programma o quell’algoritmo esisteranno realmente in quanto creati.

Questa è l'unica certezza che abbiamo.

 

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