Heidegger sostiene che l’angoscia è
l’esperienza del nulla – e chi lo può negare? Questa frase si riferisce al
concetto fondamentale dell'angoscia nell'ambito della sua analisi dell'essenza
dell'esistenza umana. Per Heidegger, l'angoscia è un'esperienza molto più
profonda rispetto alla paura, in quanto mette in evidenza la natura transitoria
e fragile dell'esistenza umana. Attraverso l'angoscia, l'essere umano si
confronta con il nulla, che non è da interpretare come assenza di significato,
ma come il fondamento stesso dell'essere. L'angoscia diventa così
un'opportunità per confrontarsi con la propria finitezza e per cercare un senso
più autentico dell'esistenza.
Dobbiamo confrontarci con
l’angoscia quando facciamo l’esperienza della morte, di qualcuno o nostra.
Allora chi ci salva dall’angoscia? Anche se abbiamo fede, anche crediamo
nell’immortalità, anche se ci diciamo che non abbiamo paura, in realtà dobbiamo
confrontarci con questo profondo sentimento di perdita e di terrore.
Non so se gli altri animali provino
angoscia. Ho visto un video di un gatto paralizzato dalla vita in giù, che
trascinava le zampe posteriori e mi domandavo cosa provasse. Perché noi
proviamo angoscia anche quando dobbiamo confrontarci con qualche malattia
invalidante, con qualche malattia che sappiamo inguaribile e terminale. Anzi,
in questi casi, la morte ci appare il male minore.
Già, ma la vita non può essere
considerata essa stessa una malattia terminale? La vecchiaia che cos’è, se non
il termine inglorioso della vita, con l’esaurimento progressivo di tutte le
nostre energie? E come può non essere depresso o angosciato un vecchio che sia cosciente della
propria inevitabile fine?
Ho il sospetto che certe demenze
senili in cui ci si dimentica di tutto siano una difesa contro un’angoscia
insopportabile. La natura ci viene in soccorso anestetizzandoci, cancellando
ogni coscienza.
Non è la vita quella cosa che termina
sempre? E non è una malattia terminale, sempre terminale?
Kierkegaard diceva che "l'angoscia
è una malattia mortale", in quanto non è solo un'emozione transitoria, ma
una condizione esistenziale fondamentale che può condurre l'individuo alla
disperazione e alla perdita di senso.
Tuttavia, anche per lui, l'angoscia
non era tanto un male assoluto, quanto piuttosto un'opportunità per l'individuo
di confrontarsi con se stesso e di cercare una via verso una vita più autentica
e significativa.
Sarà, ma ne faremmo volentieri a
meno. Per noi vecchi, che siamo ancora coscienti ma che ci vediamo portar via irrevocabilmente
la vita, chi ci salverà dall’angoscia? Gli antidepressivi?
Io sostengo, in base alla mia
teoria delle antinomie, che, se c’è la mortalità (e chi può negarlo?), ci deve essere
il suo contrario: l’immortalità. Ma questo non mi salva dall’angoscia, perché
non posso sapere che esperienza sia.
Chi dice di avere avuto esperienze
di pre-morte (NDE=Near Death Experience), confessa che si sente un po’
consolato. Queste esperienze si verificano quando una persona si trova in una
situazione di pericolo di vita o vicina alla morte e vive uno stato
straordinario al limite della coscienza. Durante una NDE, molte persone riportano
sensazioni di pace, serenità, un senso di separazione dal proprio corpo fisico,
incontri con esseri spirituali o defunti, visioni di luce intensa e un senso di
connessione con una realtà superiore.
Ma per chi non ha avute queste
esperienze? Oltretutto, gli scienziati sostengono che possono essere la
conseguenza dei farmaci anestetizzanti o di un estremo stress mentale.
No, l’unica cura contro l’angoscia
è, in realtà… la vita, vivere la vita. Anzi, la molla della vita mi appare
proprio la fuga dall’angoscia. Ma quando la vita si riduce a poche attività
insignificanti, quando l’amore appare impotente, quando ti ritrovi solo e tanti
altri li hai già visti morire, chi ti consolerà?
Sì, l’angoscia è l’esperienza del
nulla… Per fortuna, se c’è il nulla, vuol dire che c’è il tutto.
Che sia una consolazione anche questa?
Chi vivrà, vedrà. Ovvero, chi morrà vedrà... ma con quali occhi?
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