giovedì 14 marzo 2024

L'esperienza dell'angoscia

 

Heidegger sostiene che l’angoscia è l’esperienza del nulla – e chi lo può negare? Questa frase si riferisce al concetto fondamentale dell'angoscia nell'ambito della sua analisi dell'essenza dell'esistenza umana. Per Heidegger, l'angoscia è un'esperienza molto più profonda rispetto alla paura, in quanto mette in evidenza la natura transitoria e fragile dell'esistenza umana. Attraverso l'angoscia, l'essere umano si confronta con il nulla, che non è da interpretare come assenza di significato, ma come il fondamento stesso dell'essere. L'angoscia diventa così un'opportunità per confrontarsi con la propria finitezza e per cercare un senso più autentico dell'esistenza.

Dobbiamo confrontarci con l’angoscia quando facciamo l’esperienza della morte, di qualcuno o nostra. Allora chi ci salva dall’angoscia? Anche se abbiamo fede, anche crediamo nell’immortalità, anche se ci diciamo che non abbiamo paura, in realtà dobbiamo confrontarci con questo profondo sentimento di perdita e di terrore.

Non so se gli altri animali provino angoscia. Ho visto un video di un gatto paralizzato dalla vita in giù, che trascinava le zampe posteriori e mi domandavo cosa provasse. Perché noi proviamo angoscia anche quando dobbiamo confrontarci con qualche malattia invalidante, con qualche malattia che sappiamo inguaribile e terminale. Anzi, in questi casi, la morte ci appare il male minore.

Già, ma la vita non può essere considerata essa stessa una malattia terminale? La vecchiaia che cos’è, se non il termine inglorioso della vita, con l’esaurimento progressivo di tutte le nostre energie? E come può non essere depresso o  angosciato un vecchio che sia cosciente della propria inevitabile fine?

Ho il sospetto che certe demenze senili in cui ci si dimentica di tutto siano una difesa contro un’angoscia insopportabile. La natura ci viene in soccorso anestetizzandoci, cancellando ogni coscienza.

Non è la vita quella cosa che termina sempre? E non è una malattia terminale, sempre terminale?

Kierkegaard diceva che "l'angoscia è una malattia mortale", in quanto non è solo un'emozione transitoria, ma una condizione esistenziale fondamentale che può condurre l'individuo alla disperazione e alla perdita di senso.

Tuttavia, anche per lui, l'angoscia non era tanto un male assoluto, quanto piuttosto un'opportunità per l'individuo di confrontarsi con se stesso e di cercare una via verso una vita più autentica e significativa.

Sarà, ma ne faremmo volentieri a meno. Per noi vecchi, che siamo ancora coscienti ma che ci vediamo portar via irrevocabilmente la vita, chi ci salverà dall’angoscia? Gli antidepressivi?

Io sostengo, in base alla mia teoria delle antinomie, che, se c’è la mortalità (e chi può negarlo?), ci deve essere il suo contrario: l’immortalità. Ma questo non mi salva dall’angoscia, perché non posso sapere che esperienza sia.

Chi dice di avere avuto esperienze di pre-morte (NDE=Near Death Experience), confessa che si sente un po’ consolato. Queste esperienze si verificano quando una persona si trova in una situazione di pericolo di vita o vicina alla morte e vive uno stato straordinario al limite della coscienza. Durante una NDE, molte persone riportano sensazioni di pace, serenità, un senso di separazione dal proprio corpo fisico, incontri con esseri spirituali o defunti, visioni di luce intensa e un senso di connessione con una realtà superiore.

Ma per chi non ha avute queste esperienze? Oltretutto, gli scienziati sostengono che possono essere la conseguenza dei farmaci anestetizzanti o di un estremo stress mentale.

No, l’unica cura contro l’angoscia è, in realtà… la vita, vivere la vita. Anzi, la molla della vita mi appare proprio la fuga dall’angoscia. Ma quando la vita si riduce a poche attività insignificanti, quando l’amore appare impotente, quando ti ritrovi solo e tanti altri li hai già visti morire, chi ti consolerà?

Sì, l’angoscia è l’esperienza del nulla… Per fortuna, se c’è il nulla, vuol dire che c’è il tutto.

Che sia una consolazione anche questa?

Chi vivrà, vedrà. Ovvero, chi morrà vedrà... ma con quali occhi?

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