Prima
si dice che il terzo principio di Newton riguarda le reazioni, che devono
essere uguali ma in senso contrario alle azioni: se io premo su A, A preme su
me con una forza uguale ma contraria. E poi si dice che vi è una similitudine
tra le forze fisiche e quelle psichiche.
I
due mondi sembrano essere apparentemente distanti, ma, quando li esaminiamo da
vicino, scopriamo che sono analoghi e intrecciati. Non solo perché la rete dei
nostri neuroni è costituita come la rete delle galassie, con un numero
abbastanza vicino (100 miliardi), ma anche perché nei due mondi troviamo
processi di forze che rispondono alle stesse leggi della fisica. In particolare
a quella delle antinomie complementari, uguali e opposte.
Pensieri,
sentimenti, percezioni, sensazioni ed emozioni sono costituiti da impulsi
duali, in cui le due polarità sono uguali ma contrarie. Proprio come nella
fisica, dove i processi sono formati da coppie di forze uguali e contrarie, che
seguono la terza legge di Newton. È facile concludere che ai movimenti fisici e
a quelli della mente si possono applicare le stesse leggi.
Per
esempio, se io penso il bene, penso contemporaneamente il male (forza
contraria). Se percepisco il piacere è perché percepisco il dolore. Se provo
amore (o l’attrazione), provo contemporaneamente l’odio (o la repulsione). Si
tratta di coppie di forze contrapposte che sono però legate. E facevo l’esempio
dei due pugili o delle guardie e ladri, che lottano fra di loro, ma non
potrebbero esistere senza i loro avversari.
Però
queste leggi si applicano anche agli eventi? La nostra idea tradizionale di
karma o di retribuzione ci diceva che, se facciamo del male, riceveremo del
male e, se facciamo del bene, riceveremo del bene… E questo per un principio
etico che non troviamo in natura, ma che è inventato dall’uomo per convivere in
una società che deve avere delle sue regole.
In
realtà la legge di Newton ci dice che la reazione è sì uguale, ma contraria.
Il che significa, se facciamo del bene, non riceveremo altro bene, ma male. Ciò
è verificabile nelle nostre esistenze. Se compiamo un’azione buona, ci
succederà in breve tempo qualcosa di male: un incidente, un contrattempo,
qualcosa che va storto, una multa, un conflitto con qualcuno, ecc…
Le
leggi fisiche, infatti, non hanno niente di morale: sono semmai amorali, volte
soltanto a generare la vita, a qualunque prezzo per i singoli individui, che
sono considerati semplicemente dei riproduttori e, quando non sono più in grado
di generare, invecchiano e vengono spazzati via per essere sostituiti da altri.
Le
leggi di gravità o le leggi di Newton non hanno niente a che fare con le nostre
leggi sul bene e sul male. Un leone che uccide e divora una gazzella o un uomo
che uccide e divora un pollo o un carciofo segue solo le leggi della natura che
dicono che la vita deve nutrirsi di altra vita. Non c’è niente di morale
in questo. Sono leggi di funzionamento, come quelle di un motore.
Quindi,
ciò che conta è l’equilibrio dinamico tra l’azione e la reazione. Nient’altro:
gli eventi devono riequilibrarsi. Tenete conto di questa legge quando fate
qualcosa. Per fortuna, ciò che noi riteniamo bene o male è una pura convenzione
umana. Se faccio una presunta azione buona con l’intenzione di avere un
contraccambio, faccio in realtà un mercato – non un’azione morale. Ma, se
faccio qualcosa di buono consapevole che me ne verrà un danno, sono un eroe.
Come
dice una sentenza famosa, “nessuna buona azione resterà impunita”. In effetti,
le azioni non vengono punite, vengono riequilibrate.
D’altronde,
non vi siete accorti che ad ogni progresso (azione) corrisponde un regresso
(reazione), ad ogni vittoria una perdita, ad ogni passo avanti un passo
indietro? Come mai?
Perché
deve essere mantenuto un equilibrio fra le polarità opposte. Il male esiste
perché e fino a che esiste il bene. A livello mentale e a livello pratico.
La dualità del cervello come organo fisico e mente
pensante ci rivela che da un lato, abbiamo il cervello
come organo biologico, un complesso sistema di neuroni, sinapsi e
altre cellule nervose che interagiscono per regolare una vasta gamma di
funzioni cognitive e comportamentali. Il cervello è responsabile delle funzioni
più basilari, come la regolazione del battito cardiaco e della respirazione, ma
anche delle capacità cognitive superiori, come il linguaggio, il pensiero
astratto e la memoria. A livello fisico, il cervello è una
struttura fisica che può essere studiata attraverso metodi neuroscientifici come
l’imaging cerebrale e l’elettroencefalografia, che ci permettono di osservare
l’attività neuronale in tempo reale e di identificare i circuiti neurali
coinvolti in diversi processi cognitivi.
Dall’altro lato, abbiamo la mente pensante,
un concetto più sfuggente che si riferisce all’esperienza soggettiva
della coscienza, del pensiero, dei sentimenti e delle emozioni. La
mente è il luogo dei pensieri, delle percezioni e delle rappresentazioni del
mondo esterno, e sembra trascendere la mera biologia del cervello. È
attraverso la mente che sperimentiamo il mondo e diamo significato alle nostre
esperienze, dando vita a una realtà soggettiva unica per ciascun individuo.
La mente è il punto di contatto tra il mondo esterno e la nostra coscienza.
Ma l’organo fisico e l’organo mentale rispondono alle stesse
leggi, perché sono i due aspetti di un’unica moneta e si sono coevoluti
insieme.
Il loro rapporto ricorda l’entanglement della fisica
quantistica, per cui due particelle che sono state in un rapporto reciproco per
un certo tempo (ovvero due polarità) rimangono per sempre unite al di là dello
spazio e del tempo. Non riuscirete mai a separare il bene dal male o il fisico
dal mentale o l’esterno dall’interno. Sono uniti per sempre.
Ma non confondiamo le nostre esigenze morali con il
funzionamento delle leggi naturali, che non c’entrano niente con la nostra
etica.
Essendo figli della natura, anche noi vorremmo che ci fosse un
equilibrio fra le nostre azioni, vorremmo che tornassero i conti fra bene e
male, fra piacere e dolore, fra successi e perdite, che fossero almeno in
pareggio. E abbiamo costruito un’etica che è una specie di conto profitti e
perdite. Ed ecco l’idea del karma o della giustizia retributiva, qui o dopo
la morte.
Ma anche qui non si tratta di ricorrere a una specie di Giudice
divino, ma di trovare una legge di funzionamento, perfettamente naturale e
meccanica, come quelle della fisica. E questa legge è quella di
azione/reazione. All’interno delle singole esistenze questa legge funziona
sempre, perché a ogni azione deve corrispondere una reazione uguale e
contraria, così come a ogni sistole deve corrispondere una diastole. Ma ci sono
vite in cui i conti non tornano perché sono troppo brevi o disseminate di
eventi molto più negativi che positivi.
Nonostante questo, i conti devono tornare, e quindi ci dev’essere
una compensazione fra una esistenza e l’altra. Purtroppo le interrelazioni sono
talmente tante e complesse, una rete che abbraccia l’intero universo per
miliardi di anni, che non riusciamo a ricostruirle.
Da qui la necessità che la vita si prolunghi, qui altrove, per i singoli individui, o si
rifletta anche su altri individui e vite. Per il breve periodo, invece, o per
le vite abbastanza lunghe vale la legge delle antinomie, che regola il
comportamento entangled (correlato) delle polarità opposte, dei profitti e
delle perdite. Se c’è oggi un profitto, ci deve essere domani una perdita. Se c’è
oggi una perdita, ci deve essere domani una perdita.
Se studiamo le vite degli individui famosi o non-famosi, vedrete
applicata questo equilibrio. L’uomo di successo perde un figlio, si ammala o ha
dei tracolli. E il povero ha le sue felicità o vive più a lungo. Non fatevi
ingannare dalle apparenze. Il karma pesa su tutti. Basta aspettare e osservare.
Nessun commento:
Posta un commento