mercoledì 13 marzo 2024

Coloro che hanno un'anima

 

Ci definiamo animali dotati di un’anima, perché siamo animati, perché, per risolvere i nostri problemi, ci spostiamo, ci muoviamo. Le piante che non si muovono, che non hanno un cervello, che non hanno un’organizzazione centralizzata e gerarchica, con un “capo” che dirige organi singoli o doppi, non sono per questo meno intelligenti e risolvono i loro problemi con altre strategie. Sono più sensibili di noi all’ambiente e comunicano fra loro con messaggi chimici.

La nostra organizzazione verticistica è più esposta ai pericoli, perché, se si guasta il cervello, lo stomaco, il pancreas o il cuore, siamo finiti. Una pianta invece può rinascere anche se viene distrutto l’80 % del suo corpo.

Ma questo per dire che, se l’intelligenza è la capacità di risolvere i propri problemi, esistono varie forme di intelligenza, anche senza cervello. La natura non è certo stupida e sa bene come organizzarsi e risolvere i propri problemi.

Comunque, anche le piante, anche non si spostano, sono in un continuo movimento interno: rispondono a stimoli esterni, si regolano autonomamente, compiono la fotosintesi, si muovono verso la luce, si attorcigliano, comunicano  fra loro o con altri organismi attraverso segnali chimici e hanno una linfa e radici che scorrono.

Di immobile non c’è proprio niente, né fisico né mentale. E le leggi che valgono per un campo valgono anche per l’altro, e i due insieme formano una diade di forze che si contrastano ma sono complementari e unite per sempre. Come le due facce di una stessa medaglia, come l’esterno o l’interno di un guanto: l’uno contraddice l’altro ma non potrebbe esistere senza l’altro. Entangled, legati per sempre.

Tutto è energia, tutto è relazione. E tutto cambia ad ogni istante.

Il fatto che il movimento sia vita è confermato dalle strutture dinamiche di ogni relazione, fisica o mentale. Le particelle, i quark e gli atomi sono in continuo movimento. E sono in continuo movimento i corpi celesti. E anche noi dobbiamo muoverci ed abbiamo una vita mentale in continuo movimento.

Il movimento fondamentale è quello oscillatorio fra due polarità che si contrappongono, ma sono unite, come in certi matrimoni… o in tutti, perché la diade maschio/femmina contraddistingue gran parte della natura ed è alla base della riproduzione sessuata.

Questi movimenti non sono mai casuali, ma rispondono a leggi precise.

Ma, se tutto è mobile, oscillante, in divenire e mutevole, e se tutto risponde alle stesse leggi per esempio di azione/reazione, e se abbiamo due emisferi simmetrici però non identici, che svolgono ruoli diversi integrandosi fra di loro per elaborare varie funzioni sensoriali e cognitive, se tutto questo è dimostrabile a livello microscopico, dovrebbe essere verificabile anche a livello macroscopico – due concetti e due ambiti che formano la platonica “diade indefinita” (perché infinita).

In altri termini, il pensiero e l’ambito percettivo dovrebbe interagire con il campo fisico. Una polarità dovrebbe essere connessa in maniera inversa con l’altra. Platone parlava della diade basilare di grande/piccolo; noi potremmo parlare della diade di macro/micro. Ma resta il fatto che il mondo mentale influisce sul corpo (psicosomatica) o indirettamente sul mondo circostante attraverso le nostre azioni, le nostre costruzioni  (tecnologia e scienza) e le nostre decisioni.

Ma è possibile agire direttamente sulla materia con i processi mentali? Il mondo interiore può agire direttamente sul mondo esteriore, il micro sul macro, il sottile sul materiale? Non è questo il sogno di tutti gli uomini? Io dico di sì, ma dobbiamo provarlo con un esperimento mentale - o rimane una filosofia.

Ora, la mente funziona in base alle stesse leggi della natura, in particolare attraverso forze contrarie ma complementari che sono accoppiate a due a due, come nella fisica e che chiamiamo antinomie, dicotomie o diadi. Ma come dimostrarlo?

Abbiamo detto che il movimento fondamentale di tutte le forze contraddittorie e complementari è quello “oscillatorio” o vibratorio.

Quando si parla di antinomie o diadi, ci si riferisce a due concetti contrapposti dinamicamente, come per esempio il bene e il male, il grande e il piccolo, l’esterno e l’interno, l’astratto e il concreto, il nulla e il tutto, la vita e la morte, il caldo e il freddo e altre migliaia. In apparenza sembra che l’una polarità debba escludere l’altra, ma in realtà l’una non potrebbe esistere senza l’altra. Quindi, se parliamo di bene, è chiaro che ci riferiamo anche al concetto di male, dato che non potremmo pensare l’uno senza l’altro. E questo vale per tutte le antinomie.
Potremmo allora pensare che tali antinomie, che sono migliaia in tutte le lingue, siano semplici concetti, cui non corrisponde nessuna realtà.

Ma prendiamo il caso della diade freddo/caldo. Io percepisco concretamente il caldo e il freddo: i concetti possono essere astratti (come tutti i concetti), ma non le esperienze cui si riferiscono. Io percepisco perfino le gradazioni e le variazioni del caldo/freddo e ho strumenti per misurarle. Inoltre posso consultare le osservazioni meteorologiche per sapere in anticipo se farà più o meno caldo/freddo. Se ho la febbre, so che avrò più caldo. Se vado in alta montagna, so che farà freddo e così via. Insomma i concetti saranno astratti ma le esperienze sono reali.

Quindi la realtà ha generato la diade, e la diade esprime la realtà, che può essere anche soggettiva ma non per questo irreale. Tutti sentiranno caldo se metteranno una mano sul fuoco e tutti sentiranno freddo se terranno in mano del ghiaccio. Questo significa che vi è una corrispondenza fra pensieri-percezioni e realtà. Anzi, questi pensieri-percezioni seguono la legge dell’azione/reazione.

Conosco l’obiezione: “I concetti contrapposti e complementari, sebbene possano essere paragonati alle forze fisiche in termini di dualità e interazione, non agiscono letteralmente come forze fisiche nel mondo materiale. Questi concetti sono astrazioni che aiutano a comprendere e descrivere fenomeni umani, sociali, filosofici e psicologici, ma non hanno un effetto diretto e misurabile sulla materia come le forze fisiche quali la gravità o l’elettromagnetismo.

Le forze fisiche sono interazioni fondamentali che possono essere misurate, osservate e quantificate scientificamente. Hanno proprietà specifiche come direzione, intensità e punto di applicazione, e seguono leggi fisiche ben definite come quelle di Newton. Al contrario, i concetti contrapposti e complementari sono utilizzati simbolicamente per esplorare le dinamiche della vita e dell’esistenza umana, e non hanno una manifestazione fisica diretta che possa essere studiata con gli strumenti della fisica.

In conclusione, mentre i concetti contrapposti e complementari possono essere utili per il pensiero analitico e per la comprensione di vari aspetti della realtà, non sono forze fisiche e non influenzano la materia nel modo in cui lo fanno le forze fisiche.”

Però, secondo la terza legge di Newton, nota anche come principio di azione e reazione, le forze sono sempre accoppiate a due a due. Questo significa che se un oggetto A esercita una forza su un oggetto B, allora l’oggetto B eserciterà una forza di uguale intensità ma di direzione opposta sull’oggetto A. Queste coppie di forze sono applicate a due oggetti diversi e non si annullano a vicenda perché agiscono su corpi diversi. Per esempio, se premi una palla con il dito, il dito esercita una forza sulla palla (azione), e la palla esercita una forza uguale e opposta sul dito (reazione). Queste forze di azione e reazione sono un esempio fondamentale dell’interazione tra oggetti e sono essenziali per comprendere il movimento e l’equilibrio dei corpi nella fisica classica.

Ora, questo particolare rapporto lo troviamo  anche nel mondo mentale. Pensieri, sentimenti, emozioni si esprimono per coppie opposte ma complementari. Possiamo considerarle forze? Noto che la stessa parola emozione significa “movimento (dell’animo)” e che è duale: se provo paura devo provare coraggio, se provo gioia devo provare tristezza, ecc. Ma anche i pensieri sono così: emergono, si contraddicono e sono complementari. Non posso pensare l’alto senza pensare il basso, non posso pensare alla vita senza pensare alla morte, ecc. Vanno a coppie, sono contrari, sono complementari e sono oscillanti.

Obiezione: le particelle elementari, come gli elettroni e i fotoni, oscillano a livello microscopico, e questo movimento è descritto dalla meccanica quantistica. Tuttavia, quando si tratta di oggetti macroscopici, composti da miliardi di particelle, le loro oscillazioni individuali si annullano a vicenda a causa della loro enorme quantità e della varietà di direzioni e fasi in cui si muovono.

Inoltre, le particelle in un solido, per esempio, sono legate insieme da forze intermolecolari e interatomiche, che limitano il loro movimento. Possono vibrare attorno alle loro posizioni di equilibrio, ma non si muovono liberamente come le particelle isolate1. Queste vibrazioni possono trasmettere energia sotto forma di onde sonore o calore, ma non causano un movimento oscillatorio visibile dell’oggetto nel suo insieme1.

Quindi, mentre le particelle individuali possono oscillare, gli oggetti macroscopici non mostrano questo comportamento perché le oscillazioni sono troppo piccole per essere percepite e perché le forze che tengono insieme le particelle stabilizzano l’oggetto come un tutto.

Inoltre,. In fisica, l’oscillazione si riferisce al movimento ripetitivo avanti e indietro di un oggetto attorno a una posizione di equilibrio. Questo movimento può essere causato da varie forze e può avvenire in diversi contesti, come il dondolio di un pendolo, le vibrazioni di una corda di chitarra, o le onde sonore che viaggiano attraverso l’aria..

Le oscillazioni possono essere libere, come nel caso di un pendolo che oscilla dopo essere stato spinto, o forzate, come nel caso di un oggetto che viene fatto oscillare da una forza esterna periodica, come una spinta ripetuta. Le oscillazioni possono anche essere smorzate, perché l’ampiezza dell’oscillazione diminuisce nel tempo a causa di attrito o resistenza, o persistenti, dato che l’oggetto continua a oscillare con un’ampiezza costante se non ci sono forze di smorzamento significative.

Inoltre, le oscillazioni non sono limitate agli oggetti fisici; anche le grandezze come la tensione elettrica in un circuito o la luce possono oscillare. Per esempio, la corrente alternata in un circuito elettrico oscilla tra valori positivi e negativi, mentre la luce visibile è il risultato di oscillazioni dei campi elettrici e magnetici.

Ma io sostengo che anche le forze mentali seguono lo stesso principio. Il problema è che bisogna dimostrarlo con un esperimento.

 La sequenza originale dovrebbe essere questa:

Dal non essere viene fuori l’essere, ovvero dal nulla il tutto, dal vuoto il pieno. Basta una semplice oscillazione nel caotico campo delle possibilità (dal caos l’ordine); l’oscillazione (la fluttuazione della fisica quantistica) è in realtà una differenziazione-divisione che sta alla base della molteplicità (dallo zero al due e così via).

L’oscillazione genera una coppia di polarità contrarie e complementari, indivisibili: l’individuo duale è ciò che non può essere diviso, perché i due poli sono entangled (legati per sempre). Se nasce la dualità nasce la coscienza, perché la coscienza è questo gioco di specchi: uno specchio che riflette l’altro. È per questo che noi abbiamo due cervelli (orizzontali e verticali: l’uno controlla, contrasta e completa l’altro: si ripete lo schema della diade che è lo stesso nel mondo fisico e nel mondo mentale.

Insomma, dall’incoscienza nasce la coscienza, dall’esterno nasce l’interno (come il fuori e il dentro di un guanto o come il dinamismo duale dello yang/yin), dall’esteriorità nasce l’interiorità, dal grande il piccolo, dal macro il micro, dalla parte il tutto, dall’assoluto il relativo, dall’inizio la fine… necessariamente. Non si tratta solo di concetti astratti, perché l’astrazione è l’altra polarità della concretezza. Si tratta proprio di percezioni, con il loro dualismo soggetto/oggetto. La percezione, la sensazione, il pensiero, il sentimento, l’emozione (qualcosa che si muove) e gli eventi funzionano in base allo stesso tipo di dualismo contraddittorio e complementare.

Questo è il divenire, che in realtà è una gigantesca oscillazione ciclica. L’eterno ritorno. Avanti e indietro, il prima e il dopo.

Tutto è contrasto, tutto è complementare, tutto è contraddizione unitaria: dalla decoerenza nasce la coerenza, dallo squilibrio la simmetria. Dal fenomeno il noumeno, dall’apparenza la sostanza, dall’assenza la presenza… le coppie complementari si formano tutte insieme in pochi millesimi di secondo. E non dimentichiamo la diade passato/futuro, cioè il tempo.

Non si tratta di far muovere qualcosa, ma di prevedere la sua oscillazione. Se una cosa è ferma (in apparenza, perché non c’è nulla di assolutamente fermo, in quiete o isolato), si muoverà. Si tratta solo di aspettare. I due estremi non vengono mai raggiunti, perché, se lo fossero, si annullerebbe la coppia.

Una vera quiete non esiste mai. La quiete e l’inerzia sono due concetti fondamentali in fisica che riguardano il movimento e la resistenza al cambiamento di moto di un oggetto.

La quiete si riferisce allo stato in cui un oggetto si trova quando non è soggetto a nessuna forza esterna e quindi rimane fermo. In assenza di forze esterne, un oggetto in quiete rimarrà in tale stato.

L'inerzia, invece, è la proprietà di resistenza a un cambiamento di moto. Un oggetto in stato di quiete tenderà a rimanere fermo e un oggetto in movimento tenderà a mantenere il suo moto, a meno che non venga applicata una forza esterna che lo modifichi.

In sintesi, la quiete rappresenta lo stato di assenza di movimento di un oggetto, mentre l'inerzia indica la tendenza di un oggetto a mantenere il proprio stato di moto, sia esso fermo o in movimento.

Tutte le coppie di forze (anche il maschio/femmina) devono in realtà stare in un equilibrio dinamico e contrastante, come spinte e  controspinte, azioni e reazioni, compressione e trazione.

La quiete e l’inerzia sono due concetti fondamentali in fisica che riguardano il movimento e la resistenza al cambiamento di moto di un oggetto.

La quiete si riferisce allo stato in cui un oggetto si trova quando non è soggetto a nessuna forza esterna e quindi rimane fermo. In assenza di forze esterne, un oggetto in quiete rimarrà in tale stato.

L'inerzia, invece, è la proprietà di resistenza a un cambiamento di moto. Un oggetto in stato di quiete tenderà a rimanere fermo e un oggetto in movimento tenderà a mantenere il suo moto, a meno che non venga applicata una forza esterna che lo modifichi.

In sintesi, la quiete rappresenta lo stato di assenza di movimento di un oggetto, mentre l'inerzia indica la tendenza di un oggetto a mantenere il proprio stato di moto, sia esso fermo o in movimento.

Tuttavia una vera quiete non esiste mai. In fisica, la "quiete assoluta" è un concetto teorico che indica un sistema di riferimento in cui tutti gli oggetti si trovano in stato di quiete totale rispetto l'altro. Tuttavia, nella realtà, è molto difficile (se non impossibile) raggiungere la quiete assoluta a causa di diversi fattori come l'agitazione termica delle particelle, la presenza di campi magnetici o gravitazionali, e l'espansione dell'Universo.

Anche in uno spazio vuoto e isolato, dove si supporrebbe di poter raggiungere una quiete perfetta, le fluttuazioni quantistiche rendono impossibile raggiungere la completa assenza di movimento. Pertanto, la quiete assoluta è un concetto utilizzato per fini teorici, ma non si riscontra nella realtà pratica.

Ed è inevitabile che sia così. Vi ricordate del simbolo dello yang/yin? Se notate, in ogni polo c’è un puntino del contrario: se uno dei due si annullasse o si ingrandisse del tutto, annullerebbe se stesso e l’altro; la coppia scoppierebbe, come succederebbe nella vita.

Questo mi ricorda gli esperimenti di Galileo Galilei con il pendolo, che hanno contribuito notevolmente alla comprensione del movimento e della gravità. Alcuni dei suoi esperimenti più famosi includono:

“Misurazione del periodo di oscillazione: Galilei notò che il periodo di oscillazione di un pendolo (il tempo che impiega a compiere un'oscillazione avanti e indietro) rimane costante, indipendentemente dall'ampiezza dell'oscillazione. Questo principio è noto come isocronismo dei pendoli.

Studio dell'accelerazione gravitazionale: Galilei utilizzò il pendolo per studiare l'accelerazione dovuta alla forza di gravità. Egli osservò che la periodicità delle oscillazioni del pendolo dipendeva dalla lunghezza del filo e che la forza di gravità influenzava l'ampiezza delle oscillazioni.

Verifica della legge dei pendoli: Galilei formulò una legge che stabilisce che il periodo di oscillazione di un pendolo è proporzionale alla radice quadrata della sua lunghezza. Questa legge è nota come la legge del pendolo di Galileo.

I contributi di Galileo agli studi sui pendoli hanno aperto la strada alla comprensione della dinamica del moto e alla formulazione delle leggi del moto che hanno avuto un impatto significativo sullo sviluppo della fisica moderna.”

Dobbiamo tener conto che le cose, per poter essere, devono essere osservate (essere = essere osservate), testimoniate, esperite. Da un soggetto o da una coscienza che è l’originaria diade o dualità di tutto, un gioco di specchi della monade che si fa due. Quindi, non domandiamoci se lo spirito influenza la materia, dato che le cose, per essere, hanno bisogno di essere vidimate, concretizzate, realizzate da un testimone.

Un universo senza coscienza non solo non avrebbe nessun senso, ma non potrebbe nemmeno esistere.

Il fatto che la materia nasca con lo spirito deriva dalla necessità dell’osservatore che fa da levatrice alle cose. E quindi fin dalla prima diade c’è necessità di una coscienza elementare, ossia del dualismo stesso (materia/mente), della scissione.

Non per nulla Leibniz parlava della diade di Platone (la monade fondamentale) come di un atomo spirituale, “specchio vivente dell’universo”. Ma uno specchio non avrebbe senso o scopo senza “qualcuno” o “qualcosa” che vi si specchi. E quindi il tutto, per avere un senso o uno scopo, deve avere fin dall’inizio un testimone. E chi è?

Non certo un dio, come è sempre stato teorizzato senza averne conoscenza. Ma se stesso. Lo specchio si specchia in un altro specchio, legato a se stesso, ma leggermente differente (il minimo di scissione). Se mettete due specchi l’uno di fronte all’altro ma uniti, nasce la coscienza – che è in fondo la differenza, che è in fondo la struttura del cervello diviso fra due emisferi uniti dal corpo calloso.

In altri termini, le cose, per nascere, hanno bisogno che qualcosa si differenzi (la fluttuazione, le due polarità); e, differenziandosi ma restando uniti, generano ipso facto la coscienza testimone.

In conclusione, coloro che hanno un'anima non sono solo gli esseri viventi, ma anche la materia apparentemente morta. Non diciamo noi "l'anima di un oggetto o di una sostanza o di una cosa", per indicare il suo nucleo? L'anima dell'acciaio, per esempio, qual è? E l'anima di una lega, cioè le sue proprietà distintive?

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