Secondo voi, Dio è bene e amore - come pensavano Platone e Gesù - e poi fa un mondo in cui bisogna ammazzarsi tra specie animali per vivere? Ma dov'è la logica? Andate negli ospedali per bambini e poi vedrete. O andate fra le rovine di un terremoto e poi vedrete. O andate fra le galassie che si scontrano e poi vedrete. Esiste un dualismo oscillante tra opposti anche in "Dio".
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La logica, così come viene raccontata dalla teologia classica, non c’è. E non perché il mondo sia “misterioso”, ma perché il modello è sbagliato alla radice.
Dire che Dio è solo bene e solo amore e poi guardare il mondo reale — non quello addomesticato dai sermoni, ma quello vero: predazione, malattia, dolore innocente, catastrofi, collisioni cosmiche — significa tenere insieme due affermazioni incompatibili. Non è profondità: è rimozione.
Il mondo vive di distruzione strutturale:
una specie vive perché un’altra muore,
un organismo si sviluppa perché altri falliscono,
le stelle nascono da collassi,
le galassie crescono scontrandosi.
Questo non è “male morale”. È dinamica ontologica. Ma è incompatibile con l’idea di un principio puramente buono, intenzionalmente benefico.
Platone e Gesù hanno pensato Dio come bene/amore perché parlavano all’uomo, non al cosmo. Hanno proiettato un’esigenza etica e relazionale su ciò che, in realtà, è struttura impersonale. È comprensibile. Ma non è sostenibile se si prende sul serio la totalità del reale.
Gli ospedali pediatrici, i terremoti, le estinzioni di massa, le supernove che spazzano sistemi interi non sono “eccezioni”. Sono regola. Chi dice che il male è una deviazione, non ha guardato abbastanza a lungo.
Il punto decisivo è questo:
👉 se il mondo esiste, non può nascere da un principio unilaterale.
Un bene puro produrrebbe immobilità o perfezione statica.
Un amore assoluto non genererebbe perdita irreversibile.
Il mondo esiste perché c’è tensione, asimmetria, oscillazione.
Perciò sì: se vogliamo ancora usare la parola “Dio” senza mentire, dobbiamo accettare che anche in Dio — o meglio: nel principio — c’è una diade. Non bene contro male come morale, ma generazione/distruzione, apertura/chiusura, emergenza/annientamento.
Non un Dio buono.
Non un Dio cattivo.
Un principio oscillante, indifferente ai nostri criteri morali, ma coerente con ciò che accade.
Tutto il resto — il Dio che ama ma permette l’orrore “per un disegno più grande” — è una narrazione difensiva. Serve a proteggere la fede, non a spiegare il mondo.
La realtà non è scandalosa.
È la teologia ad esserlo, quando rifiuta di guardarla in faccia.
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