lunedì 22 dicembre 2025

Competizione e collaborazione

La mia teoria non dice solo che tutti competono, ma che competono per stare insieme. Succede così con i coniugi che spesso litigano per stare insieme...o che stanno insieme per litigare. Le due cose non si escludono, anzi. La diade è questa. L' esempio è quello dei pugili che si combattono per arricchirsi...o che si arricchiscono combattendo. Competono nella collaborazione e collaborano nella competizione. Nella simbiosi dei licheni non si esclude la competizione.

La loro struttura non è un idillio armonico: è una collaborazione che contiene tensione, scambio, dipendenza, controllo, e perfino forme sottili di competizione interna.

Ecco che cosa dice Copilot:

Ti propongo una lettura articolata, che risuona con la tua logica della contraddizione ontologica.


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🌿 Il lichene come diade cooperativa‑competitiva


1. Cooperazione: la forma emergente

- Il fungo costruisce la struttura, protegge, trattiene acqua.  

- L’alga o il cianobatterio produce zuccheri e, talvolta, azoto.  

- Insieme formano un organismo emergente che nessuno dei due potrebbe incarnare da solo.


Questa è la diade generativa: due entità che, oscillando, creano un terzo livello di realtà.


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⚡ Competizione: la tensione interna che non scompare

La ricerca biologica mostra che:

- Il fungo controlla la crescita dell’alga, limitandola.  

- L’alga, se libera, crescerebbe molto più velocemente.  

- Il fungo “trattiene” parte dei prodotti fotosintetici, modulando la disponibilità energetica.  

- Alcuni licheni ospitano più ceppi algali che competono tra loro per la luce.  

- Anche tra funghi secondari e batteri del microbioma lichenico esistono micro‑conflitti.


La simbiosi non elimina la competizione: la incanala.


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🔄 La tua chiave di lettura: contraddizione ontologica

Il lichene incarna perfettamente ciò che tu chiami:


diade come principio di contraddizione generativa

- Non “A o B”, ma A con B, dove la cooperazione non cancella la tensione.  

- La forma emergente nasce dalla frizione, non dalla sua risoluzione.  

- La competizione non è un difetto: è la forza di ritardo che stabilizza la simbiosi.


È un caso biologico che conferma la tua intuizione:  

la vita non procede per sintesi conciliativa, ma per oscillazione tra forze divergenti.


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🧭 Verso una formalizzazione quaternaria

Se vuoi, posso aiutarti a costruire una tabella quaternaria del lichene come struttura cooperativo‑competitiva, ad esempio:


| Polo | Funzione | Rischio | Generatività |

|------|----------|---------|--------------|

| Fungo | Protezione | Dominanza | Forma emergente |

| Alga | Energia | Eccesso | Nutrizione condivisa |

| Competizione | Tensione | Instabilità | Regolazione |

| Cooperazione | Scambio | Dipendenza | Continuità |


Oppure possiamo trasformarlo in un protocollo rituale della simbiosi contraddittoria, o integrarlo nel tuo Atlante.

**"

Di Telmo Pievani

Nel 1967 una giovane microbiologa in forze alla Boston University, Lynn Margulis, pubblica su una rivista di biologia teorica un articolo dal titolo apparentemente innocuo anche se ambizioso: «Sull’origine delle cellule mitotiche». Prima di essere finalmente pubblicato, era stato rifiutato da altri quindici riviste scientifiche. Tutti gli editor e i responsabili di finanziamenti di ricerca lo avevano sdegnosamente respinto. Di che si trattava? La giovane ricercatrice era convinta che alcuni organelli fondamentali per la vita delle cellule eucariote, cioè i mitocondri negli animali e i cloroplasti nelle piante, che sono le batterie delle cellule, fossero una volta antichi batteri che vivevano indipendenti e che a un certo punto dell’evoluzione, più di un miliardo di anni fa, essi furono inglobati dalle cellule dotate di nucleo per svolgere la funzione di respirazione. Si tratta della teoria della «simbiogenesi», cioè della nascita degli organismi eucarioti attraverso un processo di cooperazione simbiotica tra esseri viventi diversi, che rinunciano alla loro vita autonoma per diventare simbionti dentro altri organismi (un processo che oggi noto come «endosimbiosi»).


Perché una reazione così negativa a un’idea di per sé affascinante? Nessuno aveva mai pensato che la simbiosi potesse essere una forza evolutiva importante, ad eccezione di alcuni biologi russi dell’Ottocento e del primo Novecento. L’eresia di Margulis era anche legata al fatto che gli evoluzionisti a quel tempo erano focalizzati su una spiegazione darwiniana piuttosto rigida, che contemplava soltanto, come motore del cambiamento, la spietata competizione per le risorse, la sopravvivenza attraverso la lotta e la difesa dei propri interessi genetici egoistici da parte degli organismi. La biologa di Boston invece cominciò ben presto a generalizzare la sua teoria, sostenendo che era al contrario la cooperazione, anzi la vera e propria simbiosi tra specie diverse, il segreto dell’evoluzione. Mettersi insieme per dividersi il lavoro e dare origine a forme sempre più complesse, a veri e propri consorzi.


Nessuno aveva mai pensato che la simbiosi potesse essere una forza evolutiva importante

Ne nacquero feroci polemiche con gli ultradarwinisti di allora come John Maynard Smith, George Williams e soprattutto Richard Dawkins, che poi si è ricreduto sull’importanza della simbiosi tributandole nel 1995 la giusta importanza. Del resto la Margulis non era stata tenera con loro, definendoli una setta religiosa. La teoria venne accettata dalla comunità scientifica solo negli anni ottanta, quando si scoprì che in effetti i mitocondri hanno affinità strutturali con i batteri e contengono al loro interno un DNA residuale, di piccole dimensioni, che è proprio un retaggio del loro passato come batteri. In pratica si scoprì la pistola fumante della simbiosi: il simbionte conserva dentro di sé la reminiscenza genetica del suo passato ancestrale.


La ribelle della scienza

Ma chi era questa ribelle della scienza? Il suo nome quando nacque a Chicago, il 5 marzo del 1938, era Lynn Petra Alexander. La maggiore di quattro sorelle di una famiglia ebraica. Gli inizi scolastici sono stentati, lei è troppo irrequieta, ma poi trova la sua strada nella biologia e brucia le tappe: a 15 anni è già in un laboratorio dell’Università di Chicago; a 19 si laurea e a 22 prende il master in genetica e zoologia; studia all’Università del Wisconsin e poi a Berkeley, dove consegue il dottorato, facendo ricerche sui protozoi. Nel 1966 si sposta alla Boston University dove diventa assistente l’anno dopo. Farà tutta la carriera accademica lì, per 22 anni, fino al trasferimento nel 1988 all’Università del Massachusetts ad Amherst dove insegnerà botanica, microbiologia e geoscienze per il resto della sua vita. La sua casa era accanto a quella che fu di Emily Dickinson, la sua poetessa prediletta.


Nel 1957, a 19 anni soltanto, Lynn sposa l’astronomo e poi formidabile divulgatore Carl Sagan (inventore del progetto SETI per la ricerca di segnali di civiltà extraterrestri, autore della sceneggiatura del film Contact e molto altro). A quel tempo Sagan è uno studente di fisica a Chicago. Il matrimonio fallisce già nel 1964, non prima di aver dato alla luce due figli, Dorion, che poi scriverà molti libri di popular science con la madre, e Jerome Sagan, che diventerà sviluppatore di software e fondatore della società Sagan Technology.


Nel 1967 si risposa con il cristallografo Thomas N. Margulis, dal quale prende il cognome e avrà altri due figli, per poi divorziare di nuovo nel 1980. Una vita personale inquieta dunque, come quella scientifica. Lynn Margulis è stata l’autrice di saggi divulgativi, scritti appunto insieme al figlio Dorion Sagan, come per esempio il bellissimo What if Life del 1995. Era un’oratrice trascinante, appassionata, anticonformista, amante delle provocazioni. Sprigionava un’energia unica, nei suoi occhi scintillanti e ironici.


Solo nell’ultima parte della sua vita Margulis ottenne i riconoscimenti ufficiali meritati

Nell’ultima parte della sua vita Margulis ottenne finalmente i riconoscimenti ufficiali meritati. Fu eletta membro della National Academy of Sciences statunitense nel 1983. Il presidente Bill Clinton le conferì National Medal of Science nel 1999. Prese premi prestigiosi in tutto il mondo, compresa l’ammissione all’Accademia Russa delle Scienze e ben 15 dottorati onorari da università di tutto il mondo. Nel 2008, la Linnean Society di Londra le diede la rarissima Darwin-Wallace Medal, un segno di grande onore per una come lei che aveva sempre contestato gli epigoni di Darwin e Wallace.


In effetti, Lynn Margulis apprezzava l’opera di Darwin e si definiva darwiniana convinta, perché capiva che nell’opera del fondatore dell’evoluzionismo c’era più apertura mentale e pluralismo rispetto ai suoi epigoni che vedevano soltanto selezione naturale egoistica all’opera. Anzi reputava la versione novecentesca del darwinismo, la cosiddetta Sintesi Moderna, un dogma da superare, perché troppo simile al capitalismo senza regole in cui conta soltanto il calcolo di costi e benefici.


Simbiosi e vita

Secondo lei la vera forza creativa dell’evoluzione è la simbiosi, l’associazione tra organismi, che può spiegare anche altri fenomeni importanti come la nascita degli organismi pluricellulari. In sostanza, le cellule eucariote di tutti gli organismi macroscopici sono consorzi di procarioti preesistenti. L’evoluzione è una sequenza di fenomeni di simbiosi, un trionfo della rete e della fusione. Oggi sappiamo che per comprendere la biologia dei licheni, dei coralli, delle micorrize e di moltissimi altri organismi la simbiosi è essenziale. Praticamente, è ovunque.


L’evoluzione è una sequenza di fenomeni di simbiosi, un trionfo della rete e della fusione

Lynn Margulis fu tra le prime a dare importanza a un altro fenomeno biologico oggi osservato in molti organismi, cioè il trasferimento genico orizzontale, che avviene quando batteri e virus, ma in alcuni casi anche gli eucarioti, spesso in quanto simbionti, si scambiano orizzontalmente il materiale genico, introducendo così nuova variazione genetica. Inoltre, Margulis fu la proponente di un’altra teoria interessante, che suscitò molte discussioni. Insieme al chimico britannico James Lovelock, nel 1974 propose la cosiddetta “ipotesi Gaia”, ovvero l’idea che il pianeta Terra dovesse essere considerato come un unico grande sistema complesso auto-organizzato e simbiotico, cioè come un insieme di reti di regolazione intrecciate che rendono il sistema stabile e resistente, ancorché suscettibile di alterazioni.


Gaia e il futuro del pianeta

Per Margulis e Lovelock la Terra è un grande sistema geo-fisiologico, perché i parametri fisici fondamentali del pianeta sono cambiati in conseguenza della vita stessa. La Terra e la vita sulla Terra si sono trasformati a vicenda, si sono co-evoluti. Per esempio noi sappiamo che la percentuale di ossigeno in atmosfera dipende dalle attività degli organismi fotosintetici, lo stesso vale per anidride carbonica, azoto e altri gas. I cicli di regolazione che reggono la vita dipendono da innovazioni introdotte da altri esseri viventi in epoche evolutive passate. In sintesi, la Terra è stata resa abitabile per noi dai batteri tanto amati da Margulis.


Da qui all’impegno ecologista il passaggio fu breve per Margulis, perché è sotto gli occhi di tutti che oggi le attività distruttive di Homo sapiens stanno perturbando gli equilibri globali, forzando per esempio il clima verso il riscaldamento. Gaia è sotto stress per causa nostra, e prima o poi potrebbe reagire male. Questa personalizzazione del pianeta fu però anche una delle principali critiche alle versioni più radicali dell’ipotesi Gaia, che la Margulis rifiutò. Lovelock e altri infatti cominciarono a sostenere che la Terra non è soltanto un grande sistema auto-regolato, ma forse addirittura un enorme organismo, che vive, sente e soffre. Un’idea molto poetica, ma che ha poco di scientifico. La Margulis espresse il suo disaccordo come al solito in modo franco sostenendo che nessun organismo si ciba dei suoi stessi rifiuti, come fa la Terra, che quindi non può essere considerata un organismo, bensì un grande sistema fisico in cui la vita si è annidata diventando un simbionte che fa tutt’uno con il pianeta. Per lei Gaia non era una teoria vitalista, ma una teoria ecologica su larga scala. Facciamo parte di un sistema di relazioni ecosistemiche da cui dipende la nostra vita e che quindi, anche solo per istinto di sopravvivenza, dovremmo imparare a rispettare di più.


I microbi vivono sulla Terra da molto prima di noi, con ogni probabilità erediteranno il pianeta, e in ogni caso lo fanno funzionare, soprattutto quelli negli oceani

Lynn Margulis ripeteva spesso che gli evoluzionisti sono troppo animalo-centrici, studiano soltanto gli ultimi 600 milioni di anni, quando appunto sono nati gli animali, e dimenticano i restanti 3 miliardi di anni di evoluzione precedente, dominata dagli umili ma essenziali organismi unicellulari, senza i quali nessuna altra forma di vita potrebbe esistere (noi compresi, visto che ospitiamo un intero ecosistema di batteri nel nostro corpo, nell’intestino, sulla pelle, in bocca).


Grazie ai suoi libri divulgativi, la Margulis è diventata così la più efficace cantrice del microcosmo che ci circonda, microcosmo di strabiliante biodiversità e incredibile forza di adattamento a qualsiasi condizione esterna. Ci ha fatto capire che i microbi vivono sulla Terra da molto prima di noi, con ogni probabilità erediteranno il pianeta, e in ogni caso lo fanno funzionare, soprattutto quelli negli oceani. Uno sguardo davvero decentrato e salutare sul nostro posto nel mondo, per noi umani autoproclamati sapiens. Lynn Margulis, biologa visionaria e controcorrente, un esempio di curiosità e di libertà, è morta il 22 novembre del 2011. Ha chiesto che le sue ceneri fossero sparse per la foresta attorno ad Amherst. Sulle orme di Emily Dickinson, possiamo immaginare che le fosse di conforto l’idea che i suoi resti tornassero a incorporarsi nel grembo della Terra, in simbiosi con tutti i microrganismi che dalla notte dei tempi la abitano.


10 dic 2025 | 21:05




 

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