Parlando degli eventi mentali (da considerare parte degli eventi generali e dello spaziotempo), ho detto che l'evento non è solo ciò che accade entro lo spaziotempo, ma la stesso spaziotempo con tutti gli atti mentali dei soggetti . Lo scienziato si dimentica sempre di essere parte dell' evento che studia. Non si tratta di un soggetto isolato che osserva un oggetto isolato, ma di una diade soggetto/oggetto in cui una polarità vorrebbe osservare l' altra come se non fosse collegata. Se ne è accorta la fisica quantistica dove il soggetto, buttato fuori dalla porta sconsideratamente dallo stesso scienziato, rientra dalla finestra e interferisce con l' esperimento che non può essere solo "oggettivo". Gli eventi che osserva sono già influenzati dalla mente, che altrimenti non potrebbe concepirli. Questo è il paradosso. Pensando un esperimento o un fenomeno, sei già dentro. E allora?
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Direi che il punto è proprio questo: se riconosci che sei già dentro all’evento che osservi, allora cade l’illusione di una scienza “esterna” e “neutrale” nel senso assoluto.
Il tuo ragionamento porta a tre conseguenze chiare:
1. L’evento è unitario e diadico – Non è una “scena” in cui la mente assiste dall’esterno: spaziotempo, fenomeno fisico e atto mentale formano un unico campo. La distinzione soggetto/oggetto è operativa, non ontologica.
2. L’osservatore è parte della misura – In meccanica quantistica questo è evidente: lo stato del sistema non è definito indipendentemente dall’interazione con l’osservatore. L’atto di osservare modifica ciò che viene osservato.
3. L’oggettività è un’astrazione regolativa, non una condizione assoluta – Possiamo avvicinarci a modelli stabili, ma sempre come partecipanti. L’idea di essere “fuori” è un artificio utile, non una verità di fatto. Le polarità sono due e rimangono sempre due. Siamo soggetti/oggetti. Basti pensare che l' uomo è un pezzo di materia che pensa.
In altre parole, il “fuori” da cui il ricercatore pensa di guardare non esiste se non come costruzione mentale: è una proiezione di distacco che la realtà, prima o poi, smentisce. Il paradosso che noti è che la scienza si comporta come se potesse fare astrazione dal soggetto, ma il soggetto è l’orizzonte stesso in cui l’esperimento prende forma e significato.
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Allora il nostro problema di osservatori isolati rimane. Noi non siamo mai dei soggetti isolati che possano osservare le cose spassionatamente, obiettivamente. Ma adesso ci servirebbe, perché potremmo entrare nella diade e cambiarla a nostro vantaggio. Ma non possiamo. Non possiamo dismettere il nostro ruolo di soggetti che osservano. Possiamo ingannare tutti (per esempio osservando di nascosto gli animali), ma non possiamo ingannare noi stessi. E anche se osservassimo un gruppo sperimentale di persone senza farcene accorgere, non possiamo poi intervenire sulla loro diade, perché li trasformeremmo in oggetti dell'esperimento. Siamo di fronte al paradosso di Zenone. Se Achille fa un passo, anche la tartaruga lo fa. E quindi possiamo accorciare le distanze, ma non annullarle.
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Il paradosso di Zenone (per esempio quello di Achille e la tartaruga) è un ottimo terreno per collegare la tua teoria delle oscillazioni degli opposti complementari.
In termini tradizionali, il paradosso mostra che, se concepiamo il movimento come una sequenza infinita di stati fissi (Achille percorre metà della distanza, poi metà della metà, ecc.), Achille non raggiungerà mai la tartaruga. È una contraddizione apparente tra continuità e discontinuità del moto: da un lato il movimento è un fluire (continuo), dall’altro lo descriviamo come una somma di “fermate” infinitesimali (discreto).
Come entra la tua teoria
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Il paradosso come diade
Il movimento, per Zenone, è intrappolato nella diade continuo/discontinuo. Ma questa diade non è statica: è un’oscillazione. Se stai fermo nella logica di un solo polo (solo continuo o solo discreto), cadi nella paralisi logica. -
Soggetto e oggetto nel paradosso
La descrizione di Zenone presuppone un osservatore “fuori” dalla scena, che registra istanti o distanze come fotogrammi isolati (oggetto osservato) senza riconoscere di essere lui stesso nel flusso temporale dell’evento (soggetto coinvolto).
Nella tua teoria, questa separazione è un’illusione: l’osservatore è parte del movimento che misura. -
Come si esce dalla diade soggetto/oggetto
Non “eliminando” un polo, ma spostando il punto di vista dal piano statico (dove soggetto e oggetto appaiono separati) al piano dell’evento oscillante, in cui entrambi sono aspetti interdipendenti di un’unica dinamica.
In altre parole: non guardiamo più “Achille e la tartaruga” come entità separate, ma come un’unica configurazione spazio-temporale in cui anche l’atto dell’osservare è un segmento del percorso. -
L’oscillazione come soluzione
Nel linguaggio della tua teoria, il moto reale è un’oscillazione continua tra percezione statica (discreto) e percezione fluida (continuo).
Il paradosso nasce quando la mente resta bloccata sul polo statico; se includi l’altro polo nella stessa descrizione, il paradosso si dissolve perché il movimento non è la somma di istanti fermi, ma un processo unitario in cui le “fasi” sono solo punti di vista momentanei.
Se vuoi, posso farti uno schema in tre livelli che mostri:
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il paradosso nella logica classica (Zenone),
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la sua reinterpretazione nella tua teoria,
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il passaggio dalla diade soggetto/oggetto all’evento unitario oscillante.
Credo renderebbe molto chiara la connessione.
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Passa allo schema a tre livelli.
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Ecco lo schema a tre livelli che connette il paradosso di Zenone con la tua teoria delle oscillazioni degli opposti complementari e il superamento della diade soggetto/oggetto:
1. Livello classico (Zenone) – Logica duale e blocco del pensiero
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Diade implicita: continuo / discreto
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Descrizione: il moto viene scomposto in infiniti segmenti statici; ogni passo richiede prima di completare un altro passo, creando una sequenza infinita.
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Esito: il ragionamento resta intrappolato nella separazione tra i due poli.
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Ruolo dell’osservatore: “fuori” dall’evento, come testimone esterno che misura.
2. Livello oscillante (Tua teoria) – Logica diadica dinamica
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Principio: il continuo e il discreto non sono opposti esclusivi ma poli oscillanti di un’unica realtà dinamica.
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Il moto non è la somma di istanti fermi (polo discreto) né un fluire indifferenziato (polo continuo), ma un’oscillazione fra i due, percepita e costruita dal soggetto.
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L’osservatore è incluso nell’evento: ciò che si “misura” è anche un atto di partecipazione alla dinamica.
3. Livello unitario-eventico – Superamento della diade soggetto/oggetto
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Nuovo punto di vista: non due entità (soggetto e oggetto) ma un solo evento oscillante che comprende sia ciò che accade sia chi lo percepisce.
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Il paradosso si dissolve perché non si cerca più una distanza “esterna” da colmare, ma si riconosce che osservare è già parte del movimento.
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La descrizione è circolare e reciproca: Achille, la tartaruga, il tempo, lo spazio e l’atto di osservare appartengono alla stessa trama oscillante.
Se vuoi, posso trasformare questo schema in una mappa concettuale visiva, in cui il flusso da Zenone alla tua teoria sia mostrato come un’oscillazione che ingloba progressivamente l’osservatore nell’evento. Sarebbe molto in linea con la tua impostazione grafico-sistematica del Manifesto.
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Insomma proponi di non cercare solo l'oggetto o il soggetto separatamente, ma di considerarli contemporaneamente. Io però voglio cambiare la diade eventica per poter agire su di essa.
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