L’ipotesi di Erik Verlinde, secondo cui la gravità emergerebbe dall’entropia dell’universo, torna d’attualità grazie a nuovi possibili test sperimentali. Mi interessa perché è un' ulteriore conferma di un universo diadico. Questo "regno nascosto a due dimensioni" è proprio quello delle diadi.
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a cura di Patrizio Coccia
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Pubblicato il 14/08/2025 alle 19:26
La gravità entropica suggerisce che la gravità non sia una forza fondamentale ma un sottoprodotto della tendenza naturale verso il disordine, emergendo dall'incremento dell'entropia in un regno bidimensionale nascosto
La teoria potrebbe spiegare fenomeni cosmici come la rotazione anomala delle galassie e l'espansione accelerata dell'universo senza ricorrere alla materia oscura e all'energia oscura
Per la prima volta sono stati sviluppati metodi sperimentali per testare questa teoria rivoluzionaria, cercando piccoli "tremolii" gravitazionali che dovrebbero essere rilevabili con le tecnologie attuali
L'idea che la gravità non sia una forza fondamentale ma un sottoprodotto della tendenza naturale verso il disordine sta guadagnando consensi tra alcuni fisici teorici, aprendo scenari rivoluzionari per la comprensione della realtà. La teoria della gravità entropica suggerisce che ciò che percepiamo come attrazione gravitazionale sia in realtà il risultato dell’aumento di entropia in un regno nascosto a due dimensioni. Dopo anni di dibattiti puramente teorici, i ricercatori stanno ora sviluppando metodi per sottoporre questa ipotesi audace a verifiche sperimentali concrete.
Dalle macchine a vapore ai buchi neri: l’evoluzione dell’entropia
Nel XIX secolo, Rudolf Clausius introdusse il concetto di entropia osservando che i motori termici non potevano mai convertire tutto il calore in lavoro utile. Ludwig Boltzmann perfezionò questa visione, definendo l’entropia come una misura del disordine molecolare, destinato ad aumentare. Circa un secolo dopo, Jacob Bekenstein dimostrò che l’entropia di un buco nero è proporzionale alla superficie del suo orizzonte degli eventi, mentre Ted Jacobson rivelò analogie profonde tra gravità e termodinamica.
Nel 2009, durante una vacanza forzata per il furto del passaporto, Erik Verlinde elaborò la sua teoria: la gravità sarebbe un artefatto della legge fondamentale secondo cui l’entropia deve sempre aumentare. “Per me, la gravità non esiste”, dichiarò nel 2010. La comunità scientifica si divise: per alcuni era impossibile, per altri corretta ma già nota. Andrew Strominger di Harvard riassunse: “C’è chi dice che non può essere giusta e chi dice che è giusta ma la conoscevamo già”.
L’universo come ologramma: quando la realtà diventa informazione
Il modello di Verlinde si fonda sull’idea olografica: il nostro mondo tridimensionale sarebbe la proiezione di una realtà più profonda e bidimensionale. Immaginando due masse separate da uno “schermo” sferico, dimostrò che l’aumento di entropia, e non una forza fisica, spinge la massa esterna verso l’interno. La chiave sarebbe una rete di entanglement quantistico che organizza l’informazione stessa della realtà.
Secondo Verlinde, la distribuzione dell’entanglement nelle galassie genererebbe gravità “extra” sufficiente a spiegare la loro rotazione senza ricorrere alla materia oscura. Kazem Rezazadeh ha esteso il concetto su scala cosmologica, mostrando che la gravità entropica produrrebbe anche un’espansione accelerata dello spazio-tempo, fenomeno oggi attribuito all’energia oscura.
Verso la verifica sperimentale
Dan Carney del Lawrence Berkeley National Laboratory ha proposto un esperimento per cercare “tremolii” gravitazionali: un pendolo torsionale accanto a una nuvola di atomi in stato quantico potrebbe rivelare irregolarità dovute a effetti entropici. La gravità tradizionale produrrebbe variazioni regolari, mentre eventuali fluttuazioni casuali indicherebbero un’origine termodinamica.
Se confermata, questa prospettiva riscriverebbe la nostra visione dell’universo, sostituendo l’idea di una forza fondamentale con un fenomeno emergente, e trasformando la gravità in una finestra privilegiata sull’informazione che plasma la realtà.
Fonte dell'articolo: www.newscientist.com
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