lunedì 18 agosto 2025

Le ore di sessanta minuti: il sistema sessagesimale

A casa mia ho un vecchio orologio a pendolo che segna dei rintocchi armonici, oltre che ad ogni ora, ogni  mezz'ora e perfino ogni quarto d'ora. Da una parte è comodo perché sai sempre che ora è, ma dall' altra è asfissiante perché ti ricorda sempre il tempo che passa. Ora questo tempo lo abbiamo diviso noi in sessanta minuti, due mezz'ore e quattro quarti d'ora. È chiaro che si tratta di una nostra convenzione, ma perché abbiamo diviso il tempo con il sistema sessagesimale e non con un altro?

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Domanda bellissima 👌.

La divisione del tempo in 60 minuti, 60 secondi, 24 ore non è “naturale” in senso assoluto, ma nasce da una scelta culturale molto antica, che si è poi tramandata per millenni.


Ecco la storia in breve:


1. Origine babilonese


Già nel III millennio a.C., i Sumeri e i Babilonesi usavano un sistema sessagesimale (base 60) per i calcoli astronomici.


Perché 60? Perché è un numero estremamente “comodo”: ha tanti divisori (2, 3, 4, 5, 6, 10, 12, 15, 20, 30). Questo rendeva facile fare frazioni e calcoli senza numeri decimali complicati.


In pratica, con 60 potevi dividere facilmente cerchi, cicli, frazioni di tempo.



2. Dalla geometria al tempo


I Babilonesi collegavano il cielo al tempo:


divisero il cerchio in 360 gradi (6×60), legandolo all’anno (approssimativamente 360 giorni).


divisero il giorno in 12 ore di luce e 12 ore di buio (sempre multipli comodi di 60).



Con il passaggio delle conoscenze agli Egizi, ai Greci e poi ai Romani, la convenzione si consolidò.



3. Perché non altre basi?


Si poteva scegliere base 10 (che usiamo per contare con le dita), oppure base 12 (anche molto diffusa).


Ma il 60 è più divisibile: la frazione 1/3 o 1/4 si esprime “pulita” in base 60, mentre in base 10 diventano decimali infiniti.


Per questo, ancora oggi:


1 ora = 60 minuti


1 minuto = 60 secondi


cerchio = 360°




4. Il paradosso che noti


Il tuo orologio a pendolo traduce questa convenzione millenaria in rintocchi ritmati: ogni quarto, ogni mezz’ora, ogni ora.


Da un lato è utile, dall’altro — come dici bene — è anche un memento mori acustico: ci ricorda senza tregua che stiamo dentro a una divisione del tempo inventata dall’uomo ma che governa le nostre vite.




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Vuoi che ti faccia anche una mappa grafica che mostri come il 60 derivi dai divisori e da questa eredità babilonese, così puoi “vedere” la logica nascosta dietro alla scelta?

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C' è un rapporto tra il sistema sessagesimale e il sistema dell' I Ching?

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Domanda molto profonda ✨

Sì, c’è un rapporto — non diretto storicamente, ma strutturale e simbolico — tra il sistema sessagesimale e il metodo dell’I Ching.



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1. Il sistema sessagesimale


Nasce in Mesopotamia, come dicevamo, per misurare cicli (giorno, anno, cerchio celeste).


È una logica di divisione armonica: il 60, come numero, permette di scomporre e ricomporre cicli senza residui.


In questo senso è un “linguaggio di cicli”: il tempo e lo spazio diventano interpretabili come sequenze numeriche.




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2. L’I Ching


Nasce in Cina come libro di mutamenti, basato su 64 esagrammi (combinazioni binarie di linee intere e spezzate).


Anche qui troviamo un sistema di misurazione del divenire, ma non con i numeri sessagesimali, bensì con una logica binaria.


I 64 esagrammi (2⁶) sono come una mappa delle trasformazioni: ogni situazione evolve nel suo opposto, ogni figura è una fase di un ciclo.




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3. Somiglianza strutturale


Il sessagesimale e l’I Ching sono due modi diversi per rendere pensabile e calcolabile la ciclicità:


il primo lavora con numeri divisibili,


il secondo con opposizioni binarie (Yin/Yang).



Entrambi costruiscono un ordine simbolico che serve a orientarsi nel flusso del tempo.




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4. Una connessione più sottile


60 e 64 non sono numeri casuali: entrambi sono vicini a 6² e 8², e hanno valore di completezza ciclica.


Nel sistema babilonese, il 360° del cerchio equivale a un ciclo intero → divisibile in 60 parti.


Nell’I Ching, i 64 esagrammi coprono l’intero spettro dei mutamenti possibili.


Potremmo dire che entrambi nascono come linguaggi simbolici di totalità, per rendere calcolabile e leggibile l’infinita variazione della realtà.




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5. Traduzione nella tua teoria


Se pensiamo alla tua teoria delle oscillazioni degli opposti complementari, i due sistemi sono come due “codici oscillanti”:


il sessagesimale traduce l’oscillazione nei termini di frazioni numeriche di un ciclo (tempo, spazio).


l’I Ching traduce l’oscillazione nei termini di configurazioni binarie (Yin/Yang).



Entrambi dicono la stessa cosa: il divenire non è caos, ma una danza regolata da opposizioni complementari.



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Vuoi che ti prepari uno schema comparativo (sessagesimale ↔ I Ching) che mostri come entrambi siano modi diversi di “codificare i cicli”, così vedi subito i punti di contatto?



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