giovedì 28 agosto 2025

Tiresia o della bisessualità

La storia di Tiresia è uno dei miti più affascinanti  della mitologia greca.


Secondo la tradizione, Tiresia era un uomo di Tebe. Un giorno, sul monte Citerone, vide due serpenti accoppiarsi e li colpì con un bastone: immediatamente venne trasformato in donna. Visse così per sette anni, sperimentando la vita e le esperienze femminili.


Dopo quel periodo, si imbatté di nuovo in due serpenti in accoppiamento. Questa volta li colpì di nuovo, e così tornò a essere uomo.


Più tardi, Zeus ed Era litigarono su chi provasse più piacere nell’atto sessuale: l’uomo o la donna. Decisero di chiedere a Tiresia, che aveva vissuto entrambe le esperienze. Tiresia rispose che la donna provava molto più piacere (alcune versioni dicono “dieci volte di più” rispetto all’uomo).


Zeus, divertito e d’accordo, lo premiò donandogli il dono della profezia e una vita lunghissima.


Era, invece, infuriata per la risposta, lo colpì con la cecità.



Così Tiresia divenne il più celebre indovino cieco della Grecia, protagonista di molti miti, dall’Edipo re di Sofocle all’Odissea, dove compare come spirito nell’Ade per consigliare Ulisse.

Questa storia si presta a parlare della bisessualità, ossia della presenza nei sessi maschile e femminile anche dell' altro. Nel simboli dello Yang e dello Yin noterete che c' è un puntino di colore dell' opposto. Questo vuol dire che in entrambi gli opposti c' è un principio dell' altro, il che ci predispone tutti a essere bisessuali. Nel maschio c' è un po' della femmina e nella femmina un po' del maschio. Lo sappiamo tutti. E tutti sappiamo che i caratteri maschili e femminili non sono nettamente divisi. Li ha divisi la cultura prevalente che non vorrebbe ambiguità. Ma le ambiguità ci sono e non possono essere cancellate. La natura è ambigua e contraddittoria e non divide niente nettamente. La cultura vorrebbe che il maschio fosse solo maschio e la femmina solo femmina. Così nessuno capirebbe l' altro. Perché è chiaro che possiamo capire solo se riusciamo a metterci nei panni dell' altro. Quanto al fatto di chi goda di più, vi ricordo che non dipende dall' essere maschi o femmine, ma dipende dal coinvolgimento individuale. Perché il sesso non dipende dal sesso, ma dalla mente. E chi è più coinvolto mentalmente gode di più. Una volta le donne erano frigide perché la cultura imponeva alla donna il solo dovere della procreazione. L' amore è pur sempre un abbaglio, uno sbaglio, perché in un primo momento noi attribuiamo all' amato qualità che sono semplici proiezioni mentali. E solo in un secondo momento, con la conoscenza, può nascere  l' amore o naufragare. L' amore è reciprocità sessuale e caratteriale, un marchio della diade. E nasce quando la persona di cui ci innamoriamo assomiglia al nostro primo amore in assoluto: quello per il padre o per la madre. E finisce quando ci accorgiamo che è diverso e autonomo, non una copia di qualcuno.

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Hai raccontato molto bene il mito di Tiresia e ne hai già offerto una lettura simbolica molto ricca.

La sua vicenda, infatti, si presta a tante interpretazioni: non solo quella legata alla bisessualità e all’unità degli opposti, ma anche al tema della conoscenza che nasce dall’esperienza diretta e dal contatto con la trasformazione.


Alcuni spunti che possono arricchire la riflessione:


Ambivalenza e completezza: Tiresia diventa un simbolo di totalità perché sperimenta sia la vita maschile che quella femminile. È un “ponte” tra due mondi che la cultura tende a separare rigidamente, ma che in natura si intrecciano. Questo rimanda proprio al concetto di Yin e Yang che hai citato.


Conoscenza e sofferenza: l’episodio con Zeus ed Era mostra come la verità non sia mai neutrale: Tiresia dice ciò che pensa in base alla sua esperienza, ma per questo subisce una punizione (la cecità). Eppure, da quella ferita nasce il dono della profezia. È un tema molto greco: il sapere autentico passa attraverso il dolore, la perdita, la trasformazione.


Il piacere e la mente: giustamente sottolinei che il godimento sessuale dipende più dal coinvolgimento interiore che dal genere. Tiresia, avendo attraversato entrambi i poli, diventa un simbolo di questa verità: l’esperienza è più sfumata e mentale che meramente biologica.


Amore come proiezione: la tua riflessione finale richiama la psicoanalisi: ci innamoriamo di immagini interiori, di riflessi del nostro “primo amore” (genitori o figure primarie), e solo dopo possiamo verificare se la relazione ha basi reali. In questo senso, Tiresia diventa anche una figura che ci ricorda la necessità di guardare oltre le illusioni e le apparenze.



Se vuoi, potrei aiutarti a strutturare questo discorso in un saggio breve o in un commento filosofico-letterario che parta dal mito di Tiresia per arrivare a parlare di identità, sessualità e amore. Vuoi che provi a dargli una forma più organica e argomentata?

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Prova.

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Perfetto. Ti propongo una versione in forma di saggio breve che unisce mito, riflessione simbolica e attualizzazione.



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Tiresia: il mito, la sessualità e l’ambiguità dell’amore


Tra le figure più affascinanti della mitologia greca, Tiresia occupa un posto speciale. Nato uomo, fu trasformato in donna dopo aver colpito due serpenti che si accoppiavano, e rimase tale per sette anni. Tornato infine alla sua natura maschile, divenne testimone privilegiato della duplicità dell’esperienza umana. Interpellato da Zeus ed Era su chi provasse maggiore piacere nell’atto sessuale, rispose che le donne ne godevano molto di più. La risposta gli costò la vista, inflittagli da Era, ma gli valse il dono della profezia, concesso da Zeus. Da allora Tiresia fu il più celebre indovino cieco della Grecia, comparendo in tragedie, poemi e miti come figura di saggezza.


Questo mito si presta a molteplici letture. Una prima riguarda il tema della bisessualità simbolica. Tiresia rappresenta l’integrazione dei due opposti, maschile e femminile, che non sono mai separati rigidamente: in ogni uomo c’è un principio femminile e in ogni donna uno maschile, come insegna anche la filosofia orientale con i simboli dello Yin e dello Yang. La cultura occidentale ha spesso imposto confini netti, ma la natura si muove nell’ambiguità e nelle sfumature. Tiresia, attraversando entrambi i mondi, diventa emblema di una completezza che non esclude ma integra.


Una seconda interpretazione riguarda il rapporto tra conoscenza e sofferenza. Tiresia perde la vista, ma acquista lo sguardo interiore: la profezia. Nella tradizione greca la verità è spesso legata al dolore, alla rinuncia e alla trasformazione. Il sapere autentico non si conquista senza ferite: Tiresia vede di più proprio perché è cieco.


Un terzo livello di lettura tocca il tema del piacere e della mente. La disputa tra Zeus ed Era riguarda la fisicità del sesso, ma la risposta di Tiresia ci ricorda che il godimento non dipende solo dal corpo o dal genere, bensì dal coinvolgimento interiore. Chi è più presente con la mente, chi vive con maggiore intensità emotiva e affettiva, prova piacere più profondo. Non è il sesso a determinare il piacere, ma la mente che lo abita.


Infine, il mito di Tiresia si può leggere in relazione all’amore. Amare significa spesso proiettare sull’altro immagini interiori, illusioni che derivano dai nostri legami primari. L’amore autentico nasce solo quando, cadute le proiezioni, si riconosce la diversità dell’altro e si accetta la reciprocità, fatta di corpi, caratteri e desideri. Tiresia, vivendo l’esperienza di entrambi i sessi, diventa simbolo della necessità di “mettersi nei panni dell’altro” per comprendere davvero.


In conclusione, la vicenda di Tiresia non è solo un racconto mitologico: è un invito a riconoscere la complessità della natura umana, l’intreccio di maschile e femminile, la relatività del piacere e l’ambiguità dell’amore. È il mito stesso a suggerirci che solo attraverso l’esperienza dell’altro – e a volte attraverso la perdita – possiamo accedere a una conoscenza più profonda di noi stessi e delle nostre relazioni.



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Vuoi che lo trasformi in un testo più scorrevole e narrativo, come se fosse un articolo di divulgazione culturale, o lo preferisci più argomentativo e filosofico, adatto a un saggio scolastico/universitario?



 

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