Qui il professor Tonelli spiega come il vuoto sia l'altra faccia del pieno, la base della mia teoria e del Taoismo antico. Ancora non è entrato nel pensiero scientifico la mia idea di diade, che spiega la compresenza di complementari opposti. Ma è evidente che questa è la strada. Vuoto cosmico e vuoto tra particelle. Vuoto che richiama il pieno e pieno che richiama il vuoto, e così per sempre e da sempre. Perché, se no, il pieno sarebbe pieno di vuoto? Come si fa ad essere pieno di vuoto? Eppure è così: la diade primaria, dove nessuno dei due poli viene per primo, ma ciascuno richiama l'altro!
Più di duemilacinquecento anni fa, Pitagora di Samo immaginava «uno spazio vuoto in cui si compirebbe la respirazione del cielo e un altro spazio vuoto, che separerebbe le nature l’una dall’altra, formando la distinzione tra continuo e discreto; questo si troverebbe anzitutto nei numeri e separerebbe la loro natura»: lo riferisce Aristotele nella Fisica, IV, 6.
Pur non volendo cedere alla tentazione di interpretare le affermazioni degli antichi alla luce di quel che è stato scoperto migliaia di anni dopo, Guido Tonelli, fisico del Cern, fra gli scopritori del bosone di Higgs, in L’eleganza del vuoto. Di cosa è fatto l’universo (Feltrinelli, pagg. 192, euro 18) scrive: «con un po’ di fantasia si potrebbe trovare l’intuizione di un “vuoto cosmico”, quello in cui avviene la respirazione del cielo, e di un “vuoto microscopico”, quello che sovraintende all’infinitesima separazione fra numeri discreti sempre più piccoli».
In altre parole, nel pensiero di Pitagora si troverebbe un’intuizione di quel che si sarebbe scoperto solo nel Novecento: «l’immensa vastità del vuoto che avvolge il nostro pianeta e, con grande sorpresa degli stessi autori di alcune delle prime esplorazioni dell’infintamente piccolo, che il vuoto domina anche le distanze più infinitesime, quelle abitate dalle particelle elementari».
Ripercorrendo la storia dell’idea del vuoto nella filosofia e nella scienza, con appassionanti digressioni che mostrano come le scoperte della fisica si siano rispecchiate nella letteratura e nella musica, in L’eleganza del vuoto, Tonelli riassume come l’uomo è arrivato a sapere ciò che sa della materia, dell’universo e delle leggi che li governano con ammirevole semplicità e chiarezza, permettendo anche ai profani di intuire come idee tanto prodigiose si siano potute sviluppare e come queste siano entrate a far parte del patrimonio conoscitivo ed emotivo di tutti.
Stupisce, ad esempio, pensare che persino Einstein, fino alla metà degli anni venti del secolo scorso, era convinto che l’universo si riducesse alle stelle del firmamento: alla Via Lattea. Aveva allora già scoperto che massa ed energia sono aspetti diversi di un unico fenomeno, e con la teoria della relatività speciale aveva rivoluzionato la nostra visione del mondo microscopico. Ma stava ancora mettendo a fuoco un altro, radicale, cambio di prospettiva: che lo spazio tempo non erano due entità infinite, come immaginava Newton, ma un’unica entità, che si deformava curvandosi in presenza di grandissime masse. L’universo intero poteva allora «essere descritto in un’unica elegante formula, che collegava la densità di massa-energia alla struttura geometrica dello spazio-tempo».
Di lì a poco sarebbe avvenuta la prima conferma sperimentale della teoria della relatività generale, ottenuta grazie a un’eclissi solare: nel 1919 un astronomo inglese, Arthur Eddington, andò a osservarne una dall’isola di Principe e riuscì a mostrare che la luce delle stelle veniva leggermente deviata dalla massa del sole, esattamente secondo le previsioni di Einstein. Cinque anni dopo il giovane astronomo Edwin Hubble riuscì poi a dimostrare che quella che allora veniva chiamata “nebulosa” di Andromeda, era anch’essa una galassia: un ammasso di stelle distanti e indipendenti dalla Via Lattea. Di colpo si squadernava agli occhi dell’umanità uno spazio immenso: il cosmo era diventato molto più grande di come era stato immaginato fino a quel momento. Oggi si sa che l’universo visibile ha un diametro di novanta miliardi di anni luce e si stima contenga fra cento e duecento miliardi di galassie, ciascuna con decine di miliardi di stelle, polveri, gas, pianeti e altri coprpi celesti di piccola taglia. Cent’anni dopo la pubblicazione della teoria della relatività generale, nel 2015, i grandi interferometri Ligo sono riusciti a intercettare le onde gravitazionali: previste allora, erano rimaste solo un’ipotesi.
E il vuoto? Già Einstein - per spiegare l’attrazione gravitazionale che agisce tra corpi distanti - aveva dovuto riempire il vuoto cosmico di una «stranissima sostanza»: lo spazio tempo «che si espande nel tempo, che si torce e vibra e contiene energia che può essere trasmessa a grande distanza». Oggi sappiamo che il vuoto è pienissimo. «Il vuoto quantistico non è il nulla, anzi, per certi versi è l’opposto del nulla. Contiene una sterminata quantità di materia organizzata sotto forma di coppie di particelle e antiparticelle. È uno stato materiale esso stesso, che obbedisce alle leggi della fisica e che ci ha regalato la più incredibile delle sorprese: il nostro universo materiale» scrive Tonelli .
«Per millenni - aggiunge - gli umani hanno disputato di essere e non essere, vuoto e mondo reale, tutto e nulla. Oggi la scienza contemporanea taglia con una spada il nodo che ha fatto polemizzare filosofi di tutte le epoche. Il taglio è netto, la conclusione è insieme inequivocabile e strabiliante: tutto e nulla coincidono, sono due aspetti complementari della stessa sostanza materiale. Il “nulla” si può travestire da “tutto”, il vuoto può trasformarsi in un’altra forma di vuoto, apparentemente molto diversa, che chiamiamo universo. Il vuoto può dare origine a un mondo materiale meraviglioso che sviluppa una dinamica che attraversa le ere, produce trasformazioni immani, ma è ancora vuoto, continua a essere null’altro che vuoto: una forma di vuoto che contiene elementi capaci di riflettere su di sé e sul senso della loro stessa storia. La scienza contemporanea ha trovato una soluzione assolutamente sorprendente al dilemma che tormenta Amleto: “Essere o non essere?”. L’essere è il non essere».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Guido Tonelli
Nessun commento:
Posta un commento