Preghiamo Dio come un essere superiore, ma in realtà che cosa
preghiamo? Un’immagine della nostra mente, qualche quadro o qualche scultura. Niente
a che fare con Dio che è un’energia senza forma.
L’unica cosa che possiamo pregare è ciò che già abbiamo in noi,
perché lo siamo. Allora, più che pregare, bisogna cercare di sentirlo e di
dimorare in Lui o Lei.
Di solito, ci dimentichiamo della sostanza e ci attacchiamo ai
concetti. Come nel dito che indica la luna, guardiamo il dito, non la luna.
È molto più sensato pregare la propria forza vitale, perché è
qualcosa di concreto. E, più che pregarla, bisogna immedesimarsi in lei, nel
principio vitale stesso.
Ma è inutile illudersi: la forma che ha assunto adesso, prima o
poi scomparirà.
Il mondo è un’illusione, è un sogno, è irreale, perché non è
eterno.
Tutto ciò che possiamo conoscere cambia continuamente, anche la
nostra coscienza, anche il senso di essere. Noi possiamo essere sicuri. Ma ciò
che è sicuro, ciò che lo testimonia, la consapevolezza della coscienza e della sua
inevitabile fine, non muta durante tutta la vita. Quando perciò finisce, si entra
nel vuoto dello stato eterno, anzi nello stato senza tempo.
Come lo so?
Lo so perché questo stato è già dentro di me, è la mia vera
natura.
Se mi immedesimo in esso, so che, quando morirò, mi libererò
definitivamente. Me lo dice lo stato stesso. Chi altri, se no? Un Dio esterno?
No, ne ho abbastanza di esteriorità. Solo io conosco me stesso.
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