Quando finisce un amore o comunque una relazione (per distacco o
per morte), ci accorgiamo che non siamo più in due, che dobbiamo perdere con
sofferenza una parte di noi stessi: la nostra “metà”. Quindi deve cambiare la nostra
identità, non possiamo più fare affidamento sull’altro, non abbiamo più filtri,
schermi o difese. Siamo soli.
Ma questo triste evento ha un lato positivo: dobbiamo fare i
conti con noi stessi. Non possiamo più evitare questo confronto o incontro con
il nostro essere più profondo che abbiamo sempre rimandato, perché c’era l’altro.
Ci sentiamo disperati, abbandonati, derelitti, e subito
cerchiamo un altro compagno, come dire uno stato di dipendenza che ci renda più
sopportabile la vita. Ma è un altro tentativo di fuga da noi stessi, dal Sé.
Alla fine, con la morte, dovremo comunque essere soli.
Quando si dice che l’uomo è un animale sociale, in realtà
diciamo che l’uomo cerca il più possibile di non stare solo. Ma perché? Perché
il Sé brucia come il fuoco.
Non è facile sopportare l’essere. Ma, prima o poi, dobbiamo
farlo.
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