Nessuno conosce fino in fondo se stesso . Quello che noi siamo
veramente è ciò per cui sappiamo che siamo, e questo ci sfugge sempre, perché
trascende i limiti della nostra conoscenza. Dobbiamo rassegnarci ad essere
senza sapere chi siamo. Ma c’è qualcosa a priori per cui siamo, altrimenti non
avremmo coscienza di essere. Ciò per cui sappiamo di essere è una X (incognita)
che chiamiamo convenzionalmente il Sé o Anima.
Attualmente noi conosciamo solo ciò che conosce la mente. Ma se
la mente si mette a tacere, manca, sviene, dorme o pensa ad altro, noi chi
siamo veramente?
Non possiamo rispondere a questa domanda. Tuttavia continuiamo
ad essere e ad agire, anche senza pensarci o esserne consapevoli, o anche
perdendo la memoria e l’individualità, perché non siamo noi a portare avanti la
vita.
Un po’ è il corpo stesso, ma un po’ è il Sé superiore. La vita
basta a se stessa, così come dimostrano le altre forme di vita che non hanno
una mente (per esempio le piante o i microrganismi). Anzi, all’inizio dei
tempi, gli esseri primitivi non avevano una chiara coscienza di sé.
Da dove è venuta allora la coscienza?
Noi non coincidiamo con noi stessi. Siamo due, siamo divisi
interiormente ed esternamente.
La coscienza non è solo un punto di approdo, è anche una ferita.
Come avviene il concepimento di una nuova vita? Con due
patrimoni genetici che si fondono per fare un figlio, in un momento di
beatitudine (si spera). Due che si uniscono per fare un terzo.
Però questo ci indica già un’origine duale, che può essere più o
meno riuscita, ma che mantiene traccia indelebile di una differenziazione.
Tutti noi sentiamo quando qualche stato d’animo, qualche pensiero, qualche
virtù, qualche vizio o qualche atteggiamento ci viene dal padre o dalla madre.
La fusione non è mai perfetta.
Nasce così un senso dell’essere già lacerato, un io già diviso,
una coscienza già insoddisfatta.
Questa frattura ce la portiamo dentro sempre. Per quanto la
fusione sia stata buona, la divisione continua a farsi sentire in una certa
mancanza, in certo desiderio che non si placa mai.
Quando troviamo un amore, per un po’ ci sembra che la mancanza
sia colmata. E il ciclo continua: fusione di due patrimoni genetici (e di due
anime) e poi di nuovo il senso di divisione, l’impossibilità di essere uno.
Per essere uno, bisogna che il dualismo del corpo-mente finisca.
E questo può avvenire solo con la morte.
Solo allora sapremo e ci uniremo con ciò per cui sappiamo che
siamo.
Per ora dobbiamo accontentarci di brevi orgasmi, dove non per
niente ci dimentichiamo di tutto.
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