Un koan dello Zen dice: “Qual era il tuo volto prima di
nascere?” Sembra una stranezza, perché prima di nascere non avevamo neanche un
corpo. Ma la domanda vuole interrogarci sulla nostra vera natura, che non è
quella del corpo e della mente attuali, bensì quella immortale che c’era prima
della nascita, che continua ad esserci durante l’esistenza (anche se incognita)
e che ci sarà dopo la morte. E qual è?
È la nostra natura eterna che assume temporaneamente un corpo, una mente, una coscienza e un io, e
infine torna ad essere se stessa – il Sé. Ma allora la vita non serve a niente,
è una semplice transizione? Secondo me, non è così. La natura prima e la natura
dopo non sono la stessa cosa, perché l’esistenza aggiunge qualcosa, provoca una
modificazione, assume un valore aggiunto.
L’esperienza che abbiamo fatto non va perduta, ma contribuisce a
cambiare la nostra natura profonda. In altri termini, “esiste” un vuoto prima ed un altro vuoto
dopo, esiste un niente prima ed esiste un nulla dopo, esiste un eterno prima ed
esiste un eterno dopo. Per esempio, il vuoto di un vaso non è il vuoto di un’auto
e anche quando i due vuoti si fonderanno nell’unico vuoto, manterranno la loro
specificità, il loro valore aggiunto… almeno per un po’.
Nisargadatta, il grande maestro moderno del Vedanta, dice: “Realizzate
quello stato che precede il concepimento… Lo stato prima del concepimento,
qualunque esso sia, quello è il più naturale, il tuo stato perfetto, che
prevale sempre. Quando questo essere scomparirà, quello continuerà, prevarrà
sempre.” E aggiunge: “L’essersi identificati con un corpo è uno stupido errore,
una caduta.”
Non so se è un errore (di chi? chi è il responsabile, il
soggetto?), o la possibilità di acquisire un valore aggiunto. In fondo, gli errori
servono a fare esperienza. E l'esperienza ci cambia.
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