Tutto sommato, il pensiero orientale
non dà un buon giudizio della vita umana. Per esempio, per il buddhismo,
rinascere una sola volta in questo mondo è meglio che rinascere tante volte, e
non rinascere più è l’optimum. È come se l’incarnazione in un corpo fosse una
caduta da uno stato che era già perfetto. “Piena di sofferenza è la nascita
ripetuta” conferma il Dhammapada.
Da noi sembra invece che nascere sia
una fortuna. Ma anche qui non ci si dimentica che c’è stato un peccato
originale, ragion per cui questo mondo è degenerato e pieno di sofferenza.
Insomma, nessuna religione dà un buon
giudizio di questo mondo – è pur sempre un mondo decaduto, in cerca di
riscatto.
“Tutto è vanità in questo mondo” dice l’Ecclesiaste.
“Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il
sole?... Tutte le cose sono in travaglio e nessuno potrebbe spiegarne il motivo…
Chi accresce il sapere, aumenta il dolore…Allo stesso modo muoiono il saggio e
lo stolto…”.
Nessuno sa spiegare, in effetti, perché
da un presunto stato di perfezione o di completezza sia nata questa caduta
nella materia.
Se però lasciamo stare i miti, forse il
ragionamento va invertito. Non è vero che in origine c’era uno stato perfetto.
All’inizio si trovano forme di vita primitive ed elementari, da cui è partita
una lenta evoluzione. Insomma, la perfezione dovrebbe stare in fondo e non in
principio. Ma come va concepita?
Prendiamo il caso dei livelli di
evoluzione meditativa del buddhismo, i cosiddetti jhana. Nel primo jhana, il
meditante, liberatosi dei piaceri sensuali e dell’attaccamento al mondo, prova
gioia e felicità, ma possiede ancora pensieri concettuali e discorsivi. Nel
secondo jhana, prova ancora gioia e felicità, nate dalla concentrazione e dal
superamento del pensiero abituale. Nel terzo jhana, incomincia a lasciarsi alle
spalle la gioia e resta imperturbabile, sereno, con la mente stabile. Nel
quarto jhana, ottiene un’equanimità, un distacco dal mondo e un risveglio che
lo fanno andare oltre il piacere e il dolore.
Riassumendo, nel primo stadio si
verifica la cessazione del desiderio e degli stimoli sensuali, a favore del distacco,
della riflessione, della concentrazione sugli oggetti di meditazione e di uno
stato di gioioso benessere. Nel secondo stadio, cessa la speculazione mentale e
la concentrazione sugli oggetti a favore della calma e dell’unità della mente. Nel
terzo stadio, si dimora spassionati ed equanimi, consapevoli ed attenti
sperimentando ancora la gioia, a favore della libertà dagli affetti e dall’acquisizione
dell’imperturbabilità. Nel quarto stadio, l’imperturbabilità va anche oltre il
dualismo di gioia e sofferenza, letizia e dolore.
Sembra quindi che questi stadi
evolutivi contraddistinguano la nascita dell’uomo nuovo, che va al di là di
ogni dualismo. Che sia questo il modo per far nascere un mondo completamente
diverso? Certo, abbiamo ancora tanta strada da fare.
Nessun commento:
Posta un commento