Se qualcuno scampa a una sciagura dove
muoiono in tanti, grida al miracolo. Ma nessuno grida al “non miracolo” per tutte
le altre vittime. Se c’è un terremoto che non distrugge un paese, si celebra
una messa di ringraziamento. Ma nessuno celebra una messa di “non ringraziamento”
quando il terremoto devasta e uccide. Insomma si ringrazia Dio solo quando le
cose ci vanno bene e scampiamo al pericolo.
Tutto il resto, quando le cose ci vanno
male, non sappiamo a chi attribuirlo. Alla natura? Al destino? Al karma? A una
specie di Anti-Dio? A Satana? Ci mancano addirittura le parole.
In questo modo costruiamo un’immagine
di Dio completamente duale e legata ai nostri interessi.
La nostra mente funziona così: divide e
contrappone senza vedere l’insieme, il tutto. Quando ci innamoriamo, per
esempio, la persona amata ci sembra la bellezza e la perfezione. Ma poi, a poco
a poco, saltano fuori anche i difetti, il lato oscuro. E spesso l’amore lascia
il posto al suo contrario.
Insomma viviamo di mitizzazioni e di idealizzazioni
e non vediamo la realtà.
Per vedere le cose così come sono, dobbiamo
esaminare questi meccanismi conoscitivi e i nostri tentativi di falsare il
mondo.
E questo è il compito della
meditazione. Che è una smitizzazione e un ritorno alla realtà nella sua interezza
e integralità. Né miracoli né maledizioni – il mondo va così.
Guardare le cose per quel che sono e
non per quel che vorremmo.
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