Dicevo che il nostro pensiero è duale, le
nostre emozioni sono duali, ma che anche il mondo è duale. Se abbiamo freddo è
perché abbiamo anche caldo, se abbiamo buio, è perché abbiamo la luce, se ci
sentiamo bene è perché ci sentiamo anche male, se abbiamo la pace è perché
abbiamo la guerra, se siamo felici è perché siamo infelici. Se c’è un effetto,
è perché c’è una causa, ma è vero anche il contrario: se c’è una causa, è
perché c’è un effetto.
Tutto è ambiguo e contraddittorio, dentro e fuori di noi.
Ma da dove parte il processo? Da entrambe le
parti, che si sono coevolute, come l’uovo e la gallina.
Dunque, l’essere non può che venir fuori dal
non-essere, il Tutto dal Nulla, la coscienza dalla non-coscienza… e viceversa, perché
la legge fondamentale è quella della oscillazione. Se viene fuori la materia,
deve esserci anche l’antimateria; se viene fuori una particella, deve esserci
anche l’antiparticella… e così non solo per il mondo fisico ma anche per il
mondo mentale, per i pensieri, per i sentimenti e per le emozioni. Se penso il
bene, ecco che spunta il male; se provo amore, ecco che arriva l’odio, se mi
sento bene, ecco che si affaccia il male. Se sono felice, ecco che c’è la
possibilità di essere infelice. Il pendolo deve oscillare, avanti e indietro.
Avete presente il simbolo dello yang e dello
yin?
È il simbolo del dualismo dinamico universale,
delle due forze fondamentali che in apparenza si contrappongono ma in realtà
sono conniventi e conviventi, l’una dipende dall’altra, l’una non può esistere
senza l’altra. Come la luce e le tenebre, il bene e il male, il positivo e il
negativo, vuoto e il pieno, l’espirazione e l’inspirazione…. È l’equilibrio/squilibrio
tra opposti, è la dimostrazione che tutto è duale per necessità, perfino il
nostro cervello (due emisferi) e la nostra coscienza (soggetto/oggetto).
E quindi da una parte è il simbolo dell’armonia
tra forze contrapposte e dall’altra parte è il simbolo del loro eterno
contrasto – contrasto che è necessario per fare andare avanti il mondo. Il
punto di colore diverso (bianco/nero) sta a indicare che l’uno dipende
dall’altro, che l’uno può e deve trasformarsi nell’altro e che, se uno aumenta,
l’altro deve diminuire e viceversa.
Ma che differenza c’è rispetto alla comune
dialettica? Che la sintesi, la sosta o l’equilibrio, possono durare un attimo,
e poi il ciclo riprende.
L’arte di vivere è la capacità di stare in
equilibrio in un mondo in continuo movimento, sapendo che l’equilibrio è a sua
volta sempre minacciato continuamente
perduto e continuamente riacquistato.
Il bene non vincerà mai definitivamente sul
male, altrimenti finirebbe anche lui.
Alla fine saranno trascesi entrambi, sarà
trasceso il linguaggio e il pensiero dualistico, perché si estingueranno il
corpo, il cervello, la mente e il senso dell’io.
Che cosa può restare allora?
Ovviamente il ciclo o l’espansione ha (come
controparte) la concentrazione o un anticiclo, il manifesto ha l’immanifesto, la
parte o l’individuo ha il tutto, il temporaneo ha l’eterno, il finito ha l’infinito,
la singolarità ha la molteplicità e l’identità dell’io ha l’identità del Sé, perché
“niente si crea e niente si distrugge, ma tutto si trasforma nel suo opposto”,
tutto oscilla tra essere e non-essere.
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