Secondo la fisica, l’universo è nato 13,8
miliardi di anni fa da un punto (singolarità) infinitamente piccolo e denso che
in un istante ha iniziato a espandersi generando tutta la materia,
l’antimateria, l’energia e lo spazio-tempo che vediamo oggi. Il movimento è
stato di tipo esplosivo e divisivo, dando origine a coppie di particelle
contrapposte.
Vorrei aggiungere che questo movimento
divisorio ha dato origine anche alla coscienza che è insita in ogni ente e
fenomeno. Sapevate per esempio che anche l’erba e le piante emettono suoni,
ossia vibrazioni, quando vengono ferite o maltrattate? E come sarebbe possibile
se non avessero una forma di coscienza?
Il fatto è che anche loro nascono da fiori e
semi che contengono una parte maschile e una parte femminile: il due in uno.
Questa origine duale dà origine alla coscienza, più o meno consapevole. È vero
che esiste anche una riproduzione asessuata o
agamica, ma in questi casi anche la coscienza è
unica. Deve comunque esserci una divisione dell’individuo. È l’operazione di
divisione/unione che dà origine alla coscienza.
La coscienza è una scissione dell’essere stesso
che dà origine a qualcosa di simile a due specchi posti l’uno di fronte
all’altro. Chi dei due riflette l’altro?
Si dice che il tre sia il numero perfetto, ma
in realtà è il due. È la comparsa del due, dall’uno, che dà origine a tutto.
Non a caso, noi abbiamo tutto duplice: gli occhi, le gambe, le braccia, i
polmoni, i reni, le orecchie… e naturalmente il cervello. Perché il nostro
cervello è diviso in due emisferi? Perché in questo modo l’uno controlla
l’altro, dando origine alla coscienza.
Nessuno si immaginerebbe di avere
un’espirazione senza l’inspirazione, e viceversa. O l’ombra senza la luce.
Perché sa i due movimenti fanno parte di un unico processo: se vuoi l’uno, devi
avere anche l’altro.
Quando però parliamo di amore/odio o di
bene/male, all’improvviso pensiamo che l’uno escluda l’altro. Ma è lo stesso: l’uno
include l’altro. I due sono correlati come le due gambe o i due emisferi
cerebrali. Perché due e non tre o uno? Perché tre sarebbe troppo e uno sarebbe
poco (altra antinomia). E invece la natura non spreca nulla, non sbaglia e
punta sicuramente sul due.
Dunque sceglie anche la coscienza (in realtà
due soggetti in uno) e il tempo (in realtà l’oscillazione fra passato e futuro).
Non possiamo quindi pensare e avere l’amore
senza l’odio, la pace senza la guerra, il bene senza il male, il caldo senza il
freddo, la vita senza la morte, l’unione senza la separazione, la sinistra
senza la destra, la memoria senza l’oblio, l’intero senza le parti, il
peccatore senza il santo, l’assoluto senza il relativo, il positivo senza il
negativo, dio senza il diavolo, il paradiso senza l’inferno, la libertà senza
la schiavitù, eccetera.
Il nostro pensiero è duale, le nostre emozioni
sono duali, ma anche il mondo è duale. Se abbiamo freddo è perché abbiamo anche
caldo, se abbiamo buio, è perché abbiamo la luce, se ci sentiamo bene è perché ci
sentiamo anche male, se abbiamo la pace è perché abbiamo la guerra, se siamo
felici è perché siamo infelici. Tutto è ambiguo e contraddittorio, dentro e fuori di noi.
Tutti vorremmo essere solo e sempre felici. Ma,
per esserlo, dobbiamo accogliere anche l’infelicità e la sofferenza. Dobbiamo
prenderci tutto il pacchetto, non solo la metà che ci fa comodo. Se mi innamoro
di una persona, so benissimo che mi sentirò felice. Ma so anche benissimo che
questo mi provocherà tanta infelicità.
Perciò facciamo i nostri conti e non abbandoniamoci
all’illusione che la realtà possa darci solo il bene. Ci darà anche il male nel
momento stesso che ci darà il bene.
Perché il mondo è stato fatto, o si è fatto,
così? Per essere, per divenire. Se no, sarebbe fermo e statico, cioè morto.
E questo ci spiega anche perché l’essere ha
bisogno del non essere, perché il pieno non possa che nascere dal vuoto.
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