mercoledì 1 ottobre 2025

La musica come arte della vibrazione

Qualcuno ha detto che la musica dona un' anima all' universo. Vero. È una creazione della mente. Come un linguaggio che non ha  bisogno di interpretazioni verbali e che sembra accomunare tutti.  Ma non è un caso. Come mai le lingue si sono diversificate e la musica no? Perché la musica è un linguaggio universale? Perché si tratta di un' estensione della vibrazione, molto più vicina all' origine. In questo senso è più primitiva. Leggete questo articolo tratto dalla Rete: "Una conferenza-concerto  ha mostrato come la musica sia uno strumento capace di toccare le corde più profonde del nostro essere, non solo in senso figurato. L’evento, all’interno della prestigiosa cornice del Cremona International Exibition Festival, ha esplorato il legame profondo tra note e neuroni, svelando i meccanismi neurobiologici che rendono la musica un vero e proprio toccasana per la mente e per il corpo.

Durante l’evento, il pubblico ha scoperto come il nostro cervello musicale” elabori il ritmo, la melodia e l’armonia, trasformandoli in emozioni e benessere psicologico. L’ascolto musicale, infatti, è un’esperienza complessa che attiva un’ampia rete di aree cerebrali, liberando dopaminaserotonina, i cosiddetti “ormoni della felicità”, capaci di indurre una sensazione di piacere e di ridurre lo stress. Questa reazione a catena porta a un rilascio di tensione muscolare, un rallentamento del battito cardiaco e una diminuzione dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress.

“La musica è un elemento fondamentale nella vita dell’uomo, in tutte le culture e da sempre. Spesso viene associata alle arti, ma nel passato era associata alla sfera scientifica. Per me le ricerche e gli studi sulla neuroscienza, da musicista, sono state un colpo di fulmine – ha detto Eleonora Fullone, violoncellista e dottoranda in Cognitive Brain Sciences presso l’Università di Pavia, protagonista della conferenza-concerto insieme a Federico Curzel e al pianista Alessio Zuccaro.

“La musica ha la capacità straordinaria di attivare tutto il nostro cervello, creando una vera e propria sinfonia cerebrale – ha proseguito – e quando suoniamo o ascoltiamo musica si attivano numerosissime aree del cervello, cosa che avviene fin dai primi mesi di vita del bambino. Il cervello “danza” ancor prima di muovere il nostro corpo”.

L’evento ha messo in evidenza come la musica sia un vero e proprio “allenamento” per il cervello, grazie alla sua capacità di stimolare la neuroplasticità cerebrale, ovvero la facoltà del cervello di “modellarsi” e creare nuove connessioni neuronali. Questa capacità, un tempo ritenuta prerogativa dell’infanzia, è in realtà una caratteristica che il nostro cervello mantiene per tutta la vita, con la musica a fare da potente catalizzatore.

Suonare uno strumento o anche solo ascoltare musica in maniera attiva, infatti, rinforza le connessioni tra le diverse aree cerebrali, migliorando le funzioni cognitive come la memoria, il linguaggio e l’attenzione. “Trovo affascinante che la stessa area che si attiva per un bisogno primario come quello del cibo, si attivi per la musica – ha aggiunto Fullone – una delle più recenti teorie evoluzionistiche dice una delle funzioni primarie della musica sia quella di regolare le emozioni, in particolare nel rapporto genitore e bambino e nella sua funzione di coesione sociale.

La musica attiva anche l’area deputata alla memoria, non solo per il passato, che ci riconnette ad un momento particolare della vita, ma anche come sua funzione di supporto alla memorizzazione, pensiamo alle filastrocche per memorizzare i mesi dell’anno”. Ed ecco l’importanza della musicoterapia: “se la musica agisce così a tutto tondo sul nostro cervello, perché non usarla per stimolare quelle stesse funzioni che condividono le stesse aree di attivazione – ha concluso Fullone – per esempio in casi di dislessia per il linguaggio o di Parkinson per il movimento, o per la memoria con l’Alzheimer. Cosa si può chiedere di più di una vita piena di musica?”

La musica non è solo un’arte, ma una scienza che ha il potere di influenzare in modo profondo il nostro stato d’animo e la nostra salute."

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La tua osservazione è molto acuta: mentre le lingue si sono differenziate in centinaia di idiomi, la musica conserva un nucleo universale, che non ha bisogno di traduzioni per farsi comprendere.

L’articolo che hai riportato conferma in chiave neuroscientifica quello che la tua intuizione formula in termini diadici e vibrazionali. Alcuni punti da sottolineare:

  1. Universalità vibrazionale
    La musica non nasce come convenzione sociale (come le lingue), ma come estensione di una struttura primaria dell’universo: la vibrazione. Ogni organismo vivente è immerso in oscillazioni (battito cardiaco, respiro, onde cerebrali). Per questo la musica risuona con la nostra fisiologia e la nostra psiche in modo diretto, senza filtri culturali.

  2. Lingua originaria e preverbale
    Prima che ci sia parola, c’è ritmo (del cuore materno, della voce cullante, del respiro). In questo senso la musica è più “primitiva” e originaria: è il linguaggio della soglia che precede il linguaggio articolato. È ciò che accomuna l’uomo con il bambino, con l’animale e perfino con la materia vibrante.

  3. Neuroplasticità e cervello musicale
    Come mostra l’articolo, la musica attiva reti cerebrali diffuse: non solo aree linguistiche o motorie, ma un’intera “sinfonia cerebrale”. Questo la rende un catalizzatore di connessioni, un attivatore di plasticità, qualcosa che educa il cervello a oscillare, adattarsi, aprirsi.

  4. Funzione evolutiva
    Una delle funzioni originarie della musica è stata quella di regolare emozioni e creare coesione sociale. È quindi uno strumento relazionale che lavora sul legame, sulla diade genitore-bambino, sull’oscillazione tra individuo e comunità. Qui la musica mostra la sua natura di “ponte” universale tra soggettivo e collettivo.

  5. Arte e scienza insieme
    L’articolo lo dice bene: la musica non è solo arte, ma anche scienza. È un fenomeno estetico e biologico, culturale e universale, simbolico e fisiologico. Ecco un perfetto esempio di oscillazione degli opposti complementari: musica come linguaggio dell’anima e come strumento terapeutico del corpo.


In termini della tua teoria, potremmo dire che:

  • La lingua parlata appartiene alla diade cultura/differenziazione, perché si radica nella necessità di distinguere, nominare, separare.

  • La musica appartiene alla diade natura/unità, perché si radica nella vibrazione originaria, che non divide ma connette.

Le lingue sono nate dall’oscillazione differenziante delle culture, la musica invece resta legata al “ritmo primordiale” che accomuna tutto ciò che vive.

Vuoi che ti sviluppi questo come capitolo del Manifesto? Potremmo intitolarlo ad esempio:
“La musica come linguaggio vibrazionale universale”, e collocarlo dopo il capitolo che avevamo dedicato alla musica come configurazione dell’invisibile.

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D'accordo

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Perfetto, ecco una prima stesura del capitolo da inserire nel Manifesto:


La musica come linguaggio vibrazionale universale

La lingua parlata si è differenziata in centinaia di idiomi, ognuno legato a una cultura, a una geografia, a una comunità storica. La musica, invece, non ha conosciuto la stessa frammentazione. Pur assumendo stili, forme e strumenti diversi, conserva un nucleo universale che attraversa tutte le culture e che non ha bisogno di traduzioni per essere compreso.

Questo non è un caso. La musica non nasce come convenzione sociale, ma come estensione della vibrazione, una delle strutture originarie dell’universo. Ogni organismo vivente è immerso in oscillazioni: il battito cardiaco, il respiro, le onde cerebrali. Per questo la musica risuona con la nostra fisiologia e la nostra psiche in modo diretto, senza filtri verbali.

Prima che ci sia parola, c’è ritmo: il cuore materno, il respiro che culla, il tono emotivo della voce. La musica è dunque un linguaggio preverbale e primordiale, che precede e fonda la comunicazione simbolica. È la soglia che accomuna l’essere umano con il bambino, con l’animale, con la materia vibrante.

Le neuroscienze hanno mostrato come la musica attivi un’ampia rete di aree cerebrali, liberando dopamina e serotonina, inducendo piacere, riducendo lo stress e favorendo la neuroplasticità. Quando ascoltiamo o suoniamo musica, il cervello “danza”: non una sola zona, ma una vera e propria sinfonia cerebrale. La musica diventa così un catalizzatore di connessioni, un allenamento dell’intelligenza oscillante.

Dal punto di vista evolutivo, la musica ha svolto la funzione primaria di regolare le emozioni e creare coesione sociale. È stata strumento di legame nella diade genitore-bambino, così come di appartenenza collettiva nei riti comunitari. Ancora oggi, il canto o il ritmo condiviso hanno la forza di dissolvere i confini individuali per trasformarli in vibrazione comune.

In questo senso la musica è al tempo stesso arte e scienza: estetica e biologica, simbolica e terapeutica, culturale e universale. È una delle espressioni più chiare dell’oscillazione degli opposti complementari, capace di unire l’anima e il corpo, il soggettivo e il collettivo, l’arte e la vita.

La parola divide, distingue, costruisce differenze. La musica connette, armonizza, crea ponti invisibili.
Se le lingue appartengono alla diade cultura/differenziazione, la musica appartiene alla diade natura/unità.
E proprio per questo resta, ancora oggi, linguaggio vibrazionale universale.


Vuoi che lo lasci così come capitolo autonomo, oppure preferisci che lo trasformi in una appendice esplicativa al capitolo che avevamo già intitolato “La musica come configurazione oscillante dell’invisibile”?


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