venerdì 8 settembre 2023

Ritrovare se stessi

 

L’uomo non vuole morire, questa è la verità. Nonostante le sofferenze e le fatiche, è innamorato della vita e non vuole che tutto finisca. Per questo s’inventa aldilà, anime e dio: vuole continuare a vivere. Peccato che tutto questo sia fatto a sua misura, in base alle scarse conoscenze e alle aspettative attuali.

In breve, tutto ciò che s’immagina è un prodotto della mente, non qualcosa di reale. Le religioni aiutano a fantasticare, a proiettare, a sperare di poter in qualche modo a sopravvivere – magari sotto forma di spiriti. Tutto, pur di non accettare la morte.

Si può dire con sicurezza che le religioni nascano dal rifiuto della morte. Eppure, la morte c’è, la vediamo, vediamo la fine del corpo e della mente. Ma è difficile immaginare di non esserci più, di perdere le persone e le cose care.

Se però ci si pensa, da dove veniamo noi? Dal nulla. Anche se ci fosse un dio, ci creerebbe dal nulla… che è pur sempre qualcosa, visto che da lì veniamo: una specie di utero cosmico o di buco nero.

Ora, se questa è la nostra origine, se veniamo dal nulla, dove mai ritorneremo… se non in quel vuoto?

In quel vuoto, ci sono tutte le potenzialità, ma non ci sono ancora le individualità – che si formeranno solo in questa dimensione. Dal nulla veniamo e nel nulla torniamo: è così evidente!

Ma noi non vogliamo tornare nel nulla, non vogliamo essere nientificati. E, allora, ci inventiamo altri mondi, altre realtà, paradisi, inferni, reincarnazioni e così via.

Non dico che queste cose non possano esserci, ma dico che, in ogni caso, non sarebbero la dimensione ultima, che resta l’utero del nulla. Sarebbero altri mondi in cui bisognerebbe morire ancora.

Del resto nessuno ci ha chiesto se volevamo nascere e nessuno ci chiede se vogliamo morire. Tutto avviene senza consultarci, senza il nostro consenso, senza il nostro senso di essere. Il senso di essere, la coscienza, prima compare e poi scompare – due movimenti collegati, come lo yin e lo yang: apparire e sparire, questa è la dinamica dell’universo.

Aprire e chiudere, essere e non essere, prendere e lasciare… vivere e morire: è un tutt’uno, come lo è l’amore e l’odio, l’attrarsi e il respingersi, l‘alto e il basso, il formarsi e il dissolversi, l’oscillare avanti e indietro, il passato e il futuro, l’inspirazione e l’espirazione, l’espansione e la concentrazione, la creazione e la distruzione, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, l’aldilà e l’aldiqua… non due movimenti, ma i due aspetti della stessa medaglia. Si tratta di vedere non l’intero, ma una metà alla volta.

Nessuno ci ha chiesto di nascere per poi morire. Se l’avessimo saputo, lo avremmo accettato? Conoscendo lo stato eterno, ci sarebbe piaciuto precipitare nel mortale, nel temporale, nel finito, nel condizionato? Ma, poiché prima non c’era nessun senso dell’essere, nessuna coscienza e nessun io, nessuno ci ha interpellato. Siamo stati costretti a nascere. E ora a morire.

Però, ciò che è consapevole di tutto questo, il testimone, il Sé, è ciò che non è nato e che non può morire. C’era prima, c’è adesso e ci sarà dopo.

Nonostante gli andirivieni, le nascite e le morti, l’essere e il non essere, non si fa influenzare ed è sempre presente, anche ora. E si fa sentire… se ci si mette in un ascolto attento.

Se il momento presente è irreale, non lo è ciò che sente l’irrealtà. E a questo noi dobbiamo tenerci stretti, senza disperdere l’amore. Gli altri che amiamo sono mezzi per conoscere se stessi, per rimpossessarsi della realtà, per ritrovare il Sé.

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