Parte oggi a Padova il Festival della consapevolezza. Bella
idea. Ma di quale consapevolezza parliamo? Siamo consapevoli in realtà di un
sacco di cose. Ma, quando si parla di meditazione, la consapevolezza va diretta
verso se stessa, verso il senso di esistere e verso la sua fonte.
Dovremmo innanzitutto essere consapevoli, ogni giorno, ogni ora,
che siamo mortali e che dovremo abbandonare tutto: il corpo, la mente, il senso
di esistere e la coscienza stessa, e non cullarci nell’illusione dei paradisi/inferni
e delle resurrezioni.
Dovremmo poi essere consapevoli che questa vita non è stata che
un sogno, un’illusione, un’apparenza e che la morte è la fine del sogno e il
vero risveglio.
Ma, se c’è una trasformazione durante la vita, vuol dire che
prima c’era un altro stato e che dopo ce ne sarà un altro: la continuità è una
delle leggi dell’universo. Niente si crea e niente si distrugge, ma tutto si
trasforma.
La nostra consapevolezza era stata preceduta dunque da un altro
stato. Dobbiamo perciò tornare indietro, verso la nascita. E poi prima ancora.
La consapevolezza viene prima della coscienza, è ciò in cui appare la coscienza abituale.
Ciò che c’era prima non lo sappiamo. Ma come facciamo a dire che
non lo sappiamo? Chi sa di non sapere, sa pur sempre qualcosa. Che cosa
sappiamo?
Innanzitutto sappiamo che la consapevolezza assume vari livelli,
varie forme e vari centri. La consapevolezza di un cane non è certo uguale alla
nostra. E inoltre, anche all’interno della coscienza, distinguiamo un centro inconscio
e un super-io. Ma c’è anche un livello sempre più alto di coscienza, in alcuni
individui, che sconfina dalle strutture mentali note, pur dando indicazioni di
sé.
È proprio il Sé, che non fa più parte dell’io consueto, ma è
consapevole per esempio dell’andare e venire della coscienza normale. E che cos’è,
se non lo stato originario, la nostra vera natura.
Si può andare sempre più in fondo per trovarlo, come una falda d’acqua,
o sempre più in alto. È comunque questo stato che sa di non sapere in termini
di logica e di concetti, ma sa qualcos’altro.
Dobbiamo cercare di individuarlo nella babele degli stati d’animo
e utilizzare al meglio i suoi suggerimenti, che possono servirci anche nella
vita pratica.
Dobbiamo solo distinguere ciò che ci viene dalla coscienza di
veglia e dall’io inconscio, da ciò che viene da quel Sé.
Possiamo utilizzare la concentrazione, la meditazione o il vuoto
mentale, oppure un metodo oscillatorio (vedi l'oscillatore armonico quantistico), come quello del pendolo, per farci
avere delle risposte concrete.
Comunque sia, dobbiamo ricordarci che il Sé c’è sempre e può
essere consultato per qualsiasi problema.
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