Io non sono pessimista. Dico
solo che la vita è quella cosa che finisce… e che finisce male. Mi pare evidente.
La morte prematura o la morte per vecchiaia pongono fine all’esistenza degli
individui in modo doloroso. Fortunato chi muore nel sonno o senza accorgersi:
non saprà neppure di essere morto. Ma per tutti gli altri è comunque
sofferenza, per loro e per i loro cari.
Poiché noi non vorremmo morire
in questo modo barbaro, ci inventiamo altre vite, paradisi e reincarnazioni. Ma
non possiamo provare nulla e non possiamo nascondere che un’altra vita comporterebbe
altra sofferenza, o perché dobbiamo ammettere inferni e purgatori, o perché,
anche nel caso di una reincarnazione, ci ritroveremmo a nascere e a morire di
nuovo.
Insomma, come ha ben visto il
buddhismo, o ci si libera dell’intero ciclo nascite-morti o non scamperemo alla
sofferenza, in qualunque posto si finisca.
La vita è un ghiacciolo che si
scioglie a poco a poco. Quello che rimane è acqua, un fluido, non più limitato
a quella forma. Sempre meno dotata di individualità.
In teoria, l’acqua può tornare a
essere un ghiacciolo ( non più quello),
ma solo se le si applica una certa energia.
Ma da dove viene quella energia?
Dal vuoto.
Mi sono informato. E i fisici
concordano nel dire che il vuoto ha un’energia infinita. Non è un vero vuoto, il
vuoto non è affatto vuoto, ma è una specie di campo da cui possono scaturire
coppie di particelle che si annichilano emettendo fotoni o lampi di luce, che
sono energia.
Dunque sembra provato che il
mondo abbia una struttura duale (particelle e antiparticelle), così come avevano
intuito gli antichi taoisti con il loro yin-yang. Ad ogni polo si contrappone
un antipolo. Ma in realtà l’uno è relativo all’altro, l’uno dipende dall’altro.
La coicidentia oppositorum spiega il divenire e l’apparente assurdità
dei contrari che si toccano, si alternano, si inseguono, si annichilano e sono pur
sempre la stessa cosa.
Questo è l’ “eterno ritorno”, ciclico. Come una
ruota che ritorna sempre là dove è partita.
Ma qualcuno, stanco di vita, vorrebbe
uscire dal ciclo karmico, definitivamente, perché il divenire e il tempo
comportano il temporaneo, il cambiamento, l’immancabile fine e la sofferenza. E
poi si ricomincia.
Però il temporaneo prevede l’eterno,
un’altra coppia di opposti. E quindi, con la morte, ritorniamo all’eterno… e
poi di nuovo al temporaneo.
Insomma, uscire dal ciclo una
volta per tutte sembra molto difficile. Siamo senza pace. Il mondo non trova
pace.
Dovremmo uscire sia dal
temporaneo sia dall’eterno. Per approdare dove? È un bel problema. Che forse
dopo la morte dovremo risolvere, se ci rimarrà ancora consapevolezza.
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