martedì 5 marzo 2019

L'impotenza del linguaggio


Ci troviamo in una terribile impasse perché utilizziamo un linguaggio dualistico (dentro/fuori, esterno/interno, divino/umano, inizio/fine, ecc.) che non è in grado di esprimere esperienze diverse e che ci chiude in un recinto di (apparenti) contrapposizioni. Tutto il nostro linguaggio metafisico è un insieme di ferri vecchi. La realtà però non si cura della nostra logica e contempla tranquillamente la complementarità degli opposti. C'è poi una seconda questione: il nostro processo di mitizzazione.
       Per dirla tutta, ritengo che il Buddha fosse un uomo come noi, così come anche Gesù. Ma il processo di mitizzazione ha trasformato l'uno nel grande illuminato e l'altro addirittura in un Dio. Restando sulla terra, dove non esistono dèi (o dove tutti sono potenzialmente divini), nessuna esperienza estatica dimostra alcunché. Anche un idiota può averne una. E sia il Buddha sia Gesù avevano i loro limiti. Ciò che conta però è il loro messaggio (e lasciamo perdere il messaggio dei loro seguaci) o comunque le loro intuizioni.
Depurata di ogni mitologia, l'illuminazione è il tentativo o lo sforzo di "vedere più chiaro" nei problemi della vita/morte eliminando il più possibile le interpretazioni mentali (con il loro condizionamento concettuale e linguistico). Questa è la via della meditazione, che certo non è facile e che non prevede la trasformazione dell'uomo in un Dio o in un Titano, almeno così come li concepiamo noi. Tra parentesi, sarebbe anche ora di smitizzare il concetto di Dio, che è stato assurdamente assimilato soltanto al Bene, all'Amore, al Potere, alla Luce e a tutto ciò che ci piace, lasciando perdere l'altro volto, ciò che non ci piace, ma che è altrettanto presente.
       Qualcuno è convinto pessimisticamente che l'uomo non possa farcela con le sue forze. Ma le sue forze sono le stesse che hanno creato e sostengono l'universo. La distinzione appartiene al mondo della mente condizionata. Siamo tutti fatti della stessa "sostanza", ma non tutti ne siamo consapevoli. Il nostro scopo è acquisire questa consapevolezza, tenendo conto che la ricerca è infinita e non si chiude con un solo colpo.
       Alla mistica di tutte le religioni appartiene questa idea che certe esperienze profonde non possono essere espresse con il nostro povero linguaggio. D'altronde è così per esempio con la musica. Sapreste spiegare a parole ciò che provate quando ascoltate un concerto di Mozart?

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