sabato 16 marzo 2019

Il paradosso dell'esistenza


Sì, la condizione umana è paradossale. L'uomo, che è un animale, è insoddisfatto di esserlo, e vorrebbe essere qualcosa di più: un essere divino, la discendenza di qualche dio. Questa sua insoddisfazione, questa sua ansia, è da una parte sofferenza e dall'altra parte un segno di effettiva nobiltà. È incredibile quanto l'uomo abbia lottato e sofferto per affrancarsi dalla natura e diventare il re del mondo. Quale forza lo ha sostenuto?
La coscienza di essere, che è la sua gloria, è anche la fonte della sua angoscia quando capisce che dovrà morire. Gli dei hanno riservato per sé la vita eterna, ma hanno escluso l'uomo. La ricerca scientifica, la ricerca religiosa, la ricerca spirituale sono sempre in fondo una ricerca di immortalità o almeno un tentativo di allungare il più possibile l'esistenza. Ma sembrano esserci limiti invalicabili. E, allora, ecco le elucubrazioni su una possibile sopravvivenza ultraterrena, su un altro mondo, su un'altra vita. Dagli uomini delle caverne agli imperatori cinesi, dagli antichi egizi agli alchimisti, tutti hanno cercato un rimedio contro la morte, l'elisir per l'immortalità. E ancora oggi è così. Si scruta nell'infinitamente grande e nell'infinitamente piccolo alla ricerca dei modi per prolungare la vita.
       Ma intanto le malattie ci falcidiano, la vecchiaia non perdona nessuno e la morte è sempre lì, in agguato. Avremo un'anima? Siamo destinati al nulla? Le religioni ci parlano di paradisi e inferni, e il buddhismo, pur negando l'esistenza di un sé, ci parla di un nirvana, che non è comunque un nulla.
       Viviamo sull'abisso, continuamente dilaniati da esigenze contrapposte. Dovremmo rilassarci, ma è difficile farlo dato che vivere è una tensione continua. Come uscire dalla contraddizione? Lo Zen ha ben evidenziato questa situazione nei suoi paradossi. Prendiamo il caso dell'uomo e della tigre.
       Un uomo stava camminando nella foresta quando s'imbatté in una tigre. Fatto dietro-front precipitosamente, si mise a correre inseguito dalla belva. Giunse sull'orlo di un precipizio, ma per fortuna trovò da aggrapparsi al ramo sporgente di un albero.
       Appeso per le braccia, guardò in basso e vide sotto di sé un'altra tigre. Come se non bastasse, arrivarono due grossi topi che incominciarono a rodere il ramo. Ancora un po' e il ramo si sarebbe spezzato.
       Fu allora che l'uomo scorse un frutto maturo. Tenendosi con una mano sola, lo colse e lo mangiò.
       Com'era buono!
       Ecco, questa è la nostra situazione. Prima della fine o della rinascita, tra l'essere e il nulla, c'è una successione di attimi ancora da vivere. Rifiutandosi di cedere tanto allo sconforto quanto alla speranza, lasciando perdere sia il passato sia il futuro, c'è il momento presente... in cui si può - e si deve - gustare quello che ci viene offerto.
       Con tutti i nostri difetti, noi uomini siamo degli eroi. E, in tal senso siamo superiori, agli dei.

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