mercoledì 6 marzo 2019

La vacanza della mente


Qualsiasi periodo di vacanza è quanto mai adatto a introdurre apertura, luminosità e spaziosità dentro di noi. Per esempio, nella tradizione Dzogchen del buddhismo tibetano esiste la pratica di "guardare il cielo". Ci si stende all'aperto, si guarda il cielo e si introduce la sua luce, la sua grandezza e la sua apertura nel nostro animo. In un certo senso, ci si "infinitizza".
             In realtà il periodo delle vacanze (anche brevi) si presta a ogni genere di contemplazione. Sedetevi o sdraiatevi in un ambiente naturale (in riva al mare, a un fiume, a un lago, su una montagna, in un bosco, su un prato, ecc.) e, stando in silenzio, contemplate il luogo, a perdita d'occhio.
             A poco a poco la bellezza, la grandiosità e la luminosità della natura vi pervaderanno, inducendo una interruzione del solito lavorio mentale e una piccola luce. Non a caso il termine "vacanza" viene dal latino vacuum, che significa vuoto. In altri termini, lo scopo è quello di fare il vuoto mentale, interrompendo il rimuginio e la sofferenza abituale e introducendo qualcosa di bello e luminoso.
             Tutto questo può essere fatto volontariamente, senza aspettare le rare occasioni propizie. E, a pensarci bene, può essere fatto anche a casa nostra, guardando una piantina o il cielo dalla finestra.

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