mercoledì 27 febbraio 2019

L'illuminazione: dal mito alla realtà


Al di là dell'idea più o meno mitologica di illuminazione, ciò che ci procura la pratica meditativa, con i suoi metodi di concentrazione e di decondizionamento mentale, è una maggior chiarezza di pensiero accompagnata da una maggior calma. Nello stesso tempo si ottiene o si deve acquisire una visione "filosofica" della vita che ci porti a una semplificazione dell'esistenza e ad una ricerca di essenzialità e di saggezza.
       Un Buddha è un illuminato non perché abbia risposto a tutte le grandi domande esistenziali, ma perché non ha più domande - se ne sta in silenzio, con una mente che non brulica più di pensieri. Fermato quel brulichio di pensieri, idee, ricordi, anticipazioni, fantasie e speranze, vede le cose con più chiarezza, senza schermi, senza tante mediazioni culturali.
       Il termine stesso “illuminazione” significa semplicemente vedere con più chiarezza. Ma la chiarezza, la quantità di luce, può avere vari livelli.
Quando in una stanza accendo la luce, vedo alcune cose - ma non tutte. Perché alcune sono nascoste dietro altre. O perché la mia vista può avere dei difetti o dei limiti.
Non ci illudiamo dunque che un illuminato veda tutto. La cosa più importante è che mantenga accesa la luce e scruti continuamente. La via è aperta. Ma le cose da vedere sono tante, e alcune sono ben nascoste. Ciò che conta è che la ricerca non si arresti mai.

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