lunedì 25 febbraio 2019

La nascita dello Zen


Quando il monaco indiano Bodhidharma si recò in Cina per diffondere il buddhismo, l'imperatore Wu lo fece convocare e gli domandò di definire la sua nuova religione, che si sarebbe chiamata prima ch'an e poi zen. Bodhidharma rispose:

"Un insegnamento speciale al di fuori delle Scritture,
indipendente da parole e da lettere,
in cui si mira direttamente allo spirito dell'uomo.
Contemplando la propria natura
si realizza la natura del Buddha."

L'imperatore non capì nulla. Ma Bodhidharma aveva enunciato i principi fondamentali della meditazione. Prima di tutto qui non ci sono scritture più o meno sacre che invece sono fondamentali nelle altre religioni. Qui non ci si deve perdere nelle interpretazioni teologiche o nelle speculazioni filosofiche. Qui non c'è nessuna autorità, che non sia il proprio spirito più profondo.
       La verità, la realtà, abita all'interno dello spirito umano e, per scoprirla, non bisogna cercare né nei testi sacri né nelle parole autorevoli di qualche personalità, ma direttamente dentro di sé, nella propria natura. Bisogna insomma puntare verso il centro e il fondo di se stessi, senza intermediazioni culturali, anzi liberandosi delle interferenze della mente che tutto interpreta e falsifica.
       Non ci sono vere e proprie tecniche. O, per meglio dire, le tecniche hanno un unico scopo: far convergere l'attenzione e la concentrazione verso la propria natura essenziale. Questa natura essenziale è anche la natura di tutti i Buddha, ossia di tutti gli esseri illuminati.
       Se volete meditare, questo dovete fare. Dovete capire che cosa significhi "mirare direttamente allo spirito dell'uomo" e sparare il vostro colpo. Bastano anche pochi istanti. Ma dovete essere al meglio della vostra chiarezza mentale e dovete provare il bisogno di svegliarvi dallo stato di torpore in cui vi trovate abitualmente per diventare sempre più sensibili e consapevoli.

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