La vera meditazione è un comprendere qualcosa,
non un semplice stato di quiete. “Comprendere” non è tanto un capire in senso
intellettuale (con il suo inevitabile dualismo) quanto un allargare la mente (comprendere, appunto) fino ai limiti
estremi, varcando possibilmente i confini o avvicinandoci il più possibile. Non
è quindi neppure un aumento della coscienza, perché questo comporterebbe un
aumento della distanza fra soggetto della conoscenza e gli oggetti della
conoscenza ( fra cui se stessi).
Più aumenta la coscienza duale meno si
comprende, perché si allarga il divario.
Dunque, prima bisogna dimorare nel senso di
essere, l’unico che ci testimoni la nostra esistenza, e poi comprendere che non
siamo neppure quella coscienza, ma qualcosa che è anche al là di tale divisione
dell’essere. Allora ipotizziamo uno stato originario che non abbia bisogno
della coscienza duale, perché unitario.
E infine cerchiamo di intuirlo.
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