Noi osserviamo noi stessi: questo è un dato di
fatto. Non ci limitiamo a vivere, ma c’è un punto da cui ci osserviamo.
Chiamiamolo l’Osservatore o il Testimone.
Ci siamo trovati un bel giorno a vivere, senza
sapere come. Da qui l’idea che ci abbia creato qualche Dio. Ma forse c’è stata
una forma di oblio, ci siamo dimenticati dello stato da cui venivamo. E adesso
sappiamo che siamo, ma ignoriamo da dove veniamo.
È una strana situazione. È come se ci
mancassero i genitori. Per questo indaghiamo sulla nostra origine. Ce la siamo
dimenticata.
Tuttavia siamo coscienti di essere, sappiamo
che abbiamo un certo corpo, una certa mente e un certo carattere. Ma non
sappiamo chi eravamo prima, prima di essere coscienti. Non eravamo? Ma questo è
ancora più assurdo, perché dal non essere non può nascere qualcosa.
Allora pensiamo che prima non eravamo
coscienti. Eravamo in uno stato di non conoscenza e, all’improvviso, da questo
stato di non conoscenza è apparsa la capacità di conoscere… non solo le cose,
ma anche se stessi.
Ora, questa è la nostra identità o realtà
originale. Qualcosa in cui non c’è coscienza in quanto dualità. Ma c’è una
perfetta identità.
Lo stato precedente e successivo (dopo la
morte) non può essere cosciente, perché non può essere diviso fra soggetto che
conosce e soggetto conosciuto. È un tutt’uno, è uno.
Questa realtà è al di fuori dello
spazio-tempo, perché, come le leggi della fisica o della matematica è valida sempre.
Non può avere un inizio e una fine.
Dunque, abbiamo una realtà che non possiamo
conoscere, ma che siamo.
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