giovedì 11 maggio 2023

La vita è sogno

 

Qual è il criterio per stabilire quando un cosa è reale?

Se ci pensiamo, capiamo che, quando una cosa ha prima un inizio e poi necessariamente una fine, questa cosa è effimera (anche se dura millenni), temporanea, transitoria, precaria e instabile, e quindi ha la consistenza di un sogno.

Che cosa stabilisce, infatti, che siamo in un sogno se non il fatto che a un certo punto finisce (e ci svegliamo in un’altra dimensione)?

E questo succede con la vita che è destinata a morire. Il suo grado di realtà è dunque dimidiato, inficiato, limitato.

È sorta per durare poco. Non può ambire a essere reale. Appartiene alla categoria dei sogni, delle immaginazioni, delle illusioni, delle fantasie, delle allucinazioni.

Tutto nell’universo è destinato a finire, dalle stelle ai pianeti, e quindi tutto è un gigantesco sogno della mente.

Ma chi è il sognatore?

L’entità che si pone la domanda, ossia la coscienza che sa di dover morire, non può che portare dentro di sé un’angoscia cosmica. “Perché deve finire tutto e io devo scomparire con le persone che ho amato?” Un interrogativo che si poneva già il poema sumero di Gilgamesh del terzo secolo a.C..

Per vincere questa angoscia ci siamo inventati paradisi (e inferni) istituiti da qualche Dio o da cicli di reincarnazione. Ma la toppa è peggiore del buco, perché proiettiamo la logica dualistica della nostra mente addirittura in un ipotetico aldilà. Infatti ci sarebbero gli inferni, i purgatori, le condanne, i peccati, i demoni, i diavoli… e il male continuerebbe per sempre.

Lasciando da parte queste superstizioni, c’è un’altra possibilità. Che l’aldilà sia in realtà… la realtà, da cui siamo usciti inaugurando le nascite e le morti, i principi e le fini, le gioie e i dolori, il tempo e lo spazio. Tutto questo prima non c’era e non c’era nessun bisogno che ci fosse.

Per un soprassalto o per una vibrazione del tutto spontanea, dall’Assoluto, che non sapeva di essere, che non aveva bisogno di essere (perché al di là tanto dell’essere quanto del non essere) è nata la coscienza che ha proiettato tutto questo universo.

Ma l’universo resta una specie di allucinazione o di sogno, da cui ci sveglieremo con la morte, che segna la fine del corpo e della coscienza individuale. E che cosa rimarrà?

Rimarrà lo Stato originale, che non è un Dio, una personalità o una volontà, ma qualcosa di unitario (l’Uno) che non può essere definito dalla nostra mente duale.

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