domenica 14 maggio 2023

Le due felicità

 

Tutto nell'esistenza è transitorio, dalla vita degli esseri viventi alla vita dei grandi ammassi stellari. Un giorno moriremo tutti noi e morirà anche l’universo. Questo ci dicono gli scienziati e questo ci dice la nostra esperienza. Tutto insomma nasce all’insegna del cambiamento costante, dello scorrere del tempo e della vita-morte. Vita e morte sono un binomio indissolubile: se c’è la vita vuol dire che ci sarà la morte. Ma è vero anche il contrario: se c’è la morte, la fine, il nulla, vuol dire che possono esserci anche la vita, il principio e il tutto o comunque qualcosa.

Questo è il primo assioma della conoscenza, che è sempre duale e dinamica, con un passaggio continuo da uno stato di essere a uno stato di non essere, e viceversa, da uno stato di soggetto conoscente a uno stato di oggetto conosciuto, e viceversa, da uno stato di io a uno stato di altro, e viceversa.

Nel binomio essere-nulla, il non essere è la conditio sine qua non dell’essere. Almeno per la nostra mente duale.

In questo andirivieni continuo, noi siamo sballottati come se fossimo in preda a un moto ondoso. E dobbiamo cercare di barcamenarci; su e giù, su e giù, su e giù…

Anche felicità e infelicità si alternano di continuo. Di solito siamo felici quando esaudiamo qualche desiderio, ma, una volta esaudito, ritorna lo stato di mancanza o la sofferenza. E questo per tutti; dal re al miserabile.

Questo però significa che in ogni situazione negativa incomincia a profilarsi anche una posizione positiva e che da ogni evento sfavorevole può venire qualcosa di favorevole.

Il dolore è necessario almeno quanto la gioia, per il cambiamento, e c’è infatti un tempo per tutt’e due.

In questo moto ondoso o dialettico, l’importante è non farsi travolgere, ma mantenere la barra diritta. Insomma, dobbiamo ritrovare ogni volta il nostro equilibrio, secondo un principio di autoregolazione o omeostasi. Che è quell’atteggiamento che permette di conservare le proprie caratteristiche al variare delle condizioni.

Questo per dire che la base di ogni saggezza e di ogni capacità di resilienza è il mantenimento della propria pace interiore.

La prima felicità è relativa e mutevole, la seconda ci porta la stabilità.

2 commenti:

  1. Gentile Lamparelli, contesto che il non essere è la conditio sine qua non dell’essere. Come insegna Parmenide, il non essere può solo non esistere, e questo lo comprende anche la mente duale. Il non essere è un assurdo, sia nell’aldiqua che nell’aldilà.
    Giacomo Verde

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    1. E' vero per il non essere assoluto. Ma, per il non essere relativo (la mancanza di qualcosa), non è vero.

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