Nessuno
è insostituibile, o, se preferite, nessuno conta nulla. Anche i potenti del
mondo, anche gli alti papaveri che si credono chissà chi, ma che finiranno come
il più miserabile degli uomini.
Per la
vita siamo semplici mattoncini intercambiabili, anche se noi ci crediamo tutti
unici.
Però
noi non ci stiamo. E cerchiamo di utilizzare la vita per il meglio (che non si
sa cosa sia), affermando il nostro io.
Prendere,
afferrare, conquistare, rubare, lavorare, faticare, godere, riprodurci, fare
più danni possibili… per lasciare un segno del nostro passaggio. Perché
sappiamo tutti che alla fine dovremo sparire e che, entro due generazioni, il
mondo ci avrà dimenticato. Come se non fossimo mai vissuti. O, al massimo, se
siamo stati importanti, rimarrà un nome sui libri di storia.
Ma
quando guardo certe foto ingiallite dei miei nonni, so che nessuno, tra poco,
saprà più chi sono stati.
Allora
è una gara tra la vita e noi: la vita ci utilizza come mattoncini per la sua continuità e noi cerchiamo di utilizzarla
per arraffare il più possibile.
Ma alla
fine sappiamo chi vincerà. Il grande nulla.
Così ci
inventiamo anime eterne, paradisi e Iddii che ci salvano dalla morte, facendo
un lavoro che si potevano risparmiare visto che dovremmo già essere immortali.
Il tutto appare un gioco stupido, un processo inutile per arrivare là dove
eravamo già, un circolo vizioso, ripetitivo.
Nel frattempo,
noi cerchiamo di divorare la vita. E la vita divora noi, sputandoci come lische
di pesce.
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