La domanda delle domande è: ma la coscienza è un semplice
registratore della realtà o è lei che la fa apparire così, quindi è un elemento
creativo. È un po’ come domandarsi se sia nato prima l’uovo o la gallina. È chiaro
che si sono coevoluti: la gallina ha generato l’uovo e l’uovo ha generato la
gallina.
Quindi il mondo ci appare così perché si è coevoluto
con i sensi dell’osservatore. Se non avessimo uno o due di questi sensi, il
mondo ci apparirebbe diverso. Non ha senso, per esempio, chiedere a un cieco
che cosa sia un colore o a un sordomuto che cosa sia un suono. Per loro queste
cose non esistono.
Quindi, mentre il mondo ha modellato dei sensi (fra
cui la coscienza), i sensi ci modellano il mondo. Se non avessimo del tutto questi
sensi, il mondo come ci apparirebbe? È semplice: non ci apparirebbe!
Ma ci sarebbe in sé? Ecco la domanda
cruciale. Ovviamente, non potremmo saperlo, perché nessun senso ce lo
rivelerebbe. Ma ci sarebbe in sé?
Il fatto è che non possiamo avere un’esperienza di
qualcosa in sé, ma solo di ciò che è in relazione con noi come soggetti.
Le cose sono interrelate dinamicamente, e non
esistono sole, isolate, prese ad una ad una.
Sarebbe come prendere un singolo neurone del
cervello e pretendere che funzionasse. Non potrebbe funzionare; può funzionare
solo se è una rete. Da solo non funzionerebbe, non servirebbe a nulla. E non
solo il nostro cervello funziona perché ha tanti neuroni collegati in una rete,
ma, a quanto pare, anche l’universo funziona perché è una gigantesca rete.
Allora, alla domanda delle domande - se il mondo
esisterebbe in mancanza dell’osservatore – bisogna rispondere di no.
Esattamente come nell’antinomia soggetto/oggetto: l’oggetto non può esistere se
non c’è il soggetto e il soggetto non può esistere se non c’è l’oggetto.
Dunque l’osservatore è essenziale al mondo e il
mondo esiste perché c’è l’osservatore. Ma è anche vero che l’osservatore non
potrebbe esistere senza il mondo da osservare. Che cosa osserverebbe? Verrebbe
meno la sua funzione.
Come al solito, data e conosciuta una polarità,
siamo sicuri che l’altra esiste.
Ma noi siamo cocciuti e ci domandiamo: in origine,
quale unità si biforca in due? Domanda insensata perché quell’uno non esisterebbe
più. Si sarebbe frammentato e perso nella molteplicità.
E così arriviamo a un’altra antinomia:
uno/molteplicità. L’uno non può esistere senza la molteplicità, ma la
molteplicità non può esistere senza l’uno. E, siccome noi conosciamo in
concreto la molteplicità, dobbiamo concludere che esiste in concreto l’uno.
In conclusione, il soggetto animale, l’osservatore
del mondo, il testimone, non è solo un prodotto del mondo, ma è ciò per cui
esso appare.
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