Quando
i saggi ci dicono che la nostra vera natura non è quella del corpo, ci sentiamo
spiazzati. Perché ci siamo sempre identificati con il corpo che abbiamo, bello
o brutto, alto o basso, magro o grasso, sano o malato..,
A dir
la verità, già sappiamo che la nostra vera natura dovrebbe essere cercata più
nel carattere o nella coscienza, ossia in qualcosa di immateriale, più che nel
semplice corpo.
L’anima
e il corpo non sempre coincidono: può darsi che, in corpo sgraziato, ci sia
un’anima sopraffina, o viceversa.
Certe
qualità come l’essere generoso o avaro, meschino o altruista, introverso o
estroverso, intelligente o ottuso, profondo o superficiale… non hanno niente a
che fare con la forma corporea. Hanno più a che fare con il carattere o con
l’anima di ciascuno.
Ma
anche l’anima può cambiare, quasi quanto il corpo. Non è qualcosa di
completamente immobile o stabile. Insomma, quale anima, di quale età? Forgiata
da quali esperienze?
Dovremmo
trovare l’essenza dell’anima, quella che ci contraddistingue veramente, al variare
di tutti gli altri fattori. Che non dovrebbe coincidere neppure con la
coscienza, perché anche la coscienza può mancare, mentre la nostra vera natura
non può non essere.
Quando
per esempio eravamo nel ventre di nostra madre, per mesi dopo essere nati,
quando dormiamo o siamo sotto anestesia, la coscienza scompare. Eppure noi
rimaniamo vivi.
C’è
dunque qualcosa, al di là del corpo, dell’io, della coscienza e della mente,
che sopravvive alla scomparsa di tutto, anche alla morte. Anzi, è precedente a tutte
queste entità.
È ciò
che è diventato cosciente, ma prima non lo era, perché è al di là dell’essere o
del non essere. È qualcosa che passa indifferentemente dalla coscienza
all’incoscienza e dall’incoscienza alla coscienza, rimanendo se stesso. Non gli
do un nome perché sarebbero tutti insufficienti. Chiamiamolo “Quello” come
nelle Upanishad. Le quali affermano: “Tu sei Quello”.
Quello
è la nostra vera identità. Senza nascita e senza morte.
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