Se
dovessimo illuminare una stanza, accenderemmo la luce, non ci metteremmo a
pregare in ginocchio perché un dio faccia il miracolo.
Il
nostro scopo nella vita è illuminarci, non pregare qualcuno.
Abbiamo
inventato paradisi e reincarnazioni pur di continuare a vivere dopo la morte.
Siamo disposti anche a finire all’inferno piuttosto che finire nel nulla. A
tutto siamo disposti pur di continuare a vivere, anche a rinunciare alla nostra
dignità e pregare un potente, il presunto onnipotente, perché ci conceda
l’immortalità. Ma nessun potente ha in mano l’immortalità. Chi ha detto che gli
dei sono immortali? Anche loro muoiono.
Dobbiamo
pensare, invece, che rinunciare all’io è un allargarsi, non un finire.
Ma noi
abbiamo paura: siamo come l’uomo ricco che ha paura di perdere dieci centesimi.
La
nostra natura è vasta e illimitata, non è la piccola coscienza che abbiamo ora!
Siamo noi
che, nascendo, ci autolimitiamo introducendo spazio, tempo, io e coscienza…
tutti pervasi da “timore e tremore”:
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