sabato 3 giugno 2023

Le colpe dei genitori

 

Ho letto che una TikToker, Kass Theaz, ha citato in tribunale i genitori perché l’hanno fatta nascere senza il suo consenso, senza averla prima interpellata in qualche modo, magari attraverso una medium! La notizia è scherzosa, ma si presta a riflessioni profonde. Ciò che ha fatto Kass Theaz dovremmo farlo tutti. Quando i miei genitori mi rimproveravano per qualcosa, io rispondevo: "Colpa vostra, che mi avete fatto nascere! Io non ve l’ho mai chiesto!”

Ed è proprio così. Nessuno ci ha mai interpellato. Ci hanno fatto venire al mondo senza chiederci nulla. Io, per esempio, avrei risposto di no. Consapevole che vivere è soffrire, avrei detto: “Grazie, ma preferisco di no.”

Sono i nostri genitori che ci fanno nascere, per il loro piacere, non per il nostro. Siccome fare figli è un godimento, i due si sono congiunti e, chissà quanto consapevolmente, ci hanno concepiti.

Per la loro libidine, ci hanno messi al mondo. Dovremmo essere loro grati? Nient’affatto! Hanno commesso un misfatto.

Io, per esempio, sapendo quanto l’esistenza sia dolorosa, sono stato ben attento a non mettere al mondo figli. Credo di essere un benemerito.

Poiché, per concepire un figlio bisogna essere in due, la vita che nascerà sarà sempre duale, tormentata dal desiderio e dalla divisione, esteriore ed interiore. Ed ecco il mondo, sempre spaccato in due, sempre in contrasto, sempre in guerra, sempre violento.

Nascere è una violenza e morire è un’altra violenza… più tutto il resto. Sempre alla ricerca della felicità perché siamo infelici. È una malattia, una condanna.

Sì, la vita è una condanna a morte!

Per fortuna, noi possiamo essere consapevoli di tutto questo, perché siamo dotati di coscienza (non in tutti allo stesso livello). Ma anche la coscienza è tormentata dal dualismo. Per essere coscienti, per conoscere, ci deve essere una certa distanza fra conoscente e conosciuto. E questa è una malattia mortale, l’origine di ogni sofferenza.

Comunque, possiamo liberarci da questo stato di schiavitù, prima essendone coscienti e secondo aspettando che la morte ci riporti al nostro stato originario, quello pre-vita, beatamente oltre la piccola coscienza e inconsapevole di piacere e dolore.

Come quando siamo immersi in un sonno profondo.

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