giovedì 20 gennaio 2022

L'ultima frontiera

 

Certo, siamo tutti preoccupati della morte che ci attende. Ma il problema – diciamolo – è che non vogliamo abbandonare la nostra attuale identità, il nostro io psico-fisico.

Pensiamo: siamo emersi dal nulla, tiriamo un po’ fuori la testa e subito dobbiamo affondare? È a questa prospettiva che ci opponiamo con tutte le nostre forze. E allora ecco che speriamo in Iddii e Salvatori che ci salvino.

Però, siccome dobbiamo comunque morire, non ci fidiamo. Potrebbe essere tutto un’illusione. Nessuno è mai tornato indietro a riferire come stanno le cose.

L’unica cosa certa è la disgregazione ineluttabile cui siamo condotti dal tempo, dalle vecchiaia e dalla morte. Siamo su una barca che è sbattuta dalle onde delle tempeste. Quanto può durare prima che il legno marcisca e il ferro si arrugginisca? Sempre troppo poco per le nostre pretese di immortalità.

Le religioni ci parlano di un’anima immortale. Ma in che cosa consiste la sua sostanza? Il corpo certo non sopravvive. Potrebbe tutt’al più sopravvivere lo spirito, la mente, la memoria, la coscienza, il sé. Ma la verità è che nessuna sa di che cosa si tratti.

In fondo l’io, la nostra identità, è solo la percezione che ne abbiamo – niente di stabile, niente di concreto, un insieme o una configurazione di informazioni. Ma come potrebbero esistere delle informazioni senza un supporto fisico? Sarebbero una specie di io virtuale, un fantasma senza consistenza.

Non è un caso che nel buddhismo l’ultimo stadio della progressione spirituale viene definito “né percezione né non-percezione”. Siamo alla fine o alla trascendenza della coscienza stessa, così come la conosciamo. Tant’è vero che si parla di “cessazione” o di “estinzione”, non di una supercoscienza.

Influenzati dalle nostre religioni teiste, siamo propensi a credere che, per bene che vada, dopo la morte dovrebbe esserci un incontro o un’unione con la Realtà Suprema, con Dio, con la divinità. Ma è chiaro che siamo ancora nell’ambito di una mente terrena e quindi del samsara. Non di un’estinzione e del superamento del nostro intero piano ontologico.

Il problema è che non esistono conferme né di una ipotesi né dell’altra e tutto finisce per essere una fede, anche se nel buddhismo si dice che già in questa vita possiamo sperimentare, proprio attraverso la meditazione più avanzata, questo stato del “né essere né non-essere”.

Così l’ansia non finisce mai. C’è sempre la paura di non riuscire a farcela, Dio o non-Dio, anima o non-anima.

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