sabato 21 marzo 2015

Di fronte alla sofferenza

Ci raccontiamo storie per ingannare l’attesa, per rassicurarci, per trasportare la mente in un luogo immaginario, dove tutto può accadere, per non pensare alle cose brutte che ci circondano o che sono dentro di noi, per vincere la paura dell’ignoto e delle tenebre. Per addormentarci.
Per non guardare in faccia la realtà.
Per passare la nottata.
Ma è troppo poco, è una difesa fragile e infantile, proprio come quella dei bambini che si fanno raccontare favole.
Il problema è che nessuno può sfuggire all’angoscia, al trauma, alla sofferenza. Siamo individui precari e deboli, che vengono inevitabilmente investiti da dolore, solitudine, noia, delusioni, sconfitte, fragilità, disperazioni, incidenti, violenze, malattie, invecchiamento e morte.
Ora non è possibile evitare del tutto la sgradevolezza della vita, le fatiche, le sofferenze, le esperienze negative, le perdite. L’esistenza può riservarci esperienze gioiose, ma non può proteggerci da quella angosciose. Tutti devono passarci, indipendentemente dal fatto che siano ricchi o poveri, potenti o impotenti, grandi o piccoli, forti o deboli.
E non si esce da questi traumi raccontando o raccontandoci favole, assumendo droghe, consumando cose o persone, non fermandoci mai, credendo ad aldilà consolatori o fuggendo in qualche caverna o isola. Ciò da cui fuggiamo, in realtà è già dentro di noi e ce lo portiamo dietro.
Anzi, più cerchiamo di evitarlo, più ci sarà vicino a farci del male. Perfino i godimenti cui ricorriamo possono alla fine produrre altra infelicità.
No, la fuga - materiale o mentale – non è la via.
La via è l’accettazione consapevole. È capire che questa è la realtà e che è inutile fuggire.
L’accettazione deve diventare ad un certo punto serena. È nell’accettazione che si crea di nuovo uno spazio vitale, breve o lungo che sia, per poter affrontare la vita.

Se ci sentiamo sbattuti dalle ondate sugli scogli, possiamo metterci a contemplare la vastità, la terribilità e la bellezza del mare.
Dobbiamo accettare due cose: i dati di fatto e le nostre emozioni negative, senza cercare né di sminuirle né di reprimerle. Dobbiamo saper accettare anche gli eventi e i sentimenti sgradevoli, usando compassione ed auto compassione, sintonia e sensibilità. Già questo ci aiuta a prendere le distanze, a comprendere e dunque ad uscire dal trauma.

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