Se ritenete che una cosa o una
persona possa essere la fonte della vostra felicità, siate certi che potrà
essere anche la fonte della vostra infelicità. Perché niente è stabile e
permanente, niente è quello che crediamo, niente è veramente “nostro”- neanche
noi stessi, il nostro io.
Siamo individui spossessati,
alienati, non padroni di noi stessi, e quindi alla ricerca di chi siamo
veramente. Ciò che noi crediamo di conoscere è un io depotenziato, piccolo
piccolo, che oltretutto deve scomparire, come un vestito vecchio, troppo usato,
di qualità inferiore.
La morte può essere la fine di
tutto o un nuovo inizio. Però, ragioniamo: se ci fosse un’altra vita ci sarebbe
anche un’altra morte. E quindi può darsi che ci sia una progressione infinita, con
possibilità anche di regressioni, di passaggi vari, di avanzate e ritorni. Tutto
dipende da come ci giochiamo la partita.
Allarghiamo la coscienza.
Non può esserci una vita eterna
perché sarebbe una perfetta contraddizione. Se una cosa nasce, deve anche
morire. E, per eliminare la morte, dobbiamo eliminare anche la vita.
Dunque, come chiamarla?
Non abbiamo le parole, non
abbiamo i pensieri.
Dobbiamo pensare ciò che non è
mai stato pensato, non ripetere a pappagallo le solite e trite idee.
Coraggio, l’impresa è difficile.
Abbiamo per aiuto solo una vaga intuizione. Ma non dobbiamo stancarci di
provare… dieci, cento o mille volte.
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