Tutto sommato, l’unica certezza che abbiamo nella vita è la
morte – è il fatto che moriremo. Non sappiamo quando, ma sappiamo che moriremo,
con assoluta certezza. Assurdo destino del vivente, catastrofico… se pensiamo
che qualcuno ci abbia condannato a morte.
Questo però vuol dire che la morte non è un incidente, ma l’atto
costitutivo della vita. In pratica, senza morte, non ci sarebbe vita. Tra
parentesi, ecco perché non esiste dio… sarebbe l’essere che non muore! E invece
anche lui si trasforma.
Ma chi non muore non può esistere, perché gli mancherebbe quel
passaggio dall’essere al non-essere e dal non-essere all’essere che è la conditio sine qua non dell’esistere.
A meno che dio o l’Origine non esista nel senso in cui esistiamo
noi. In pratica, si potrebbe dire che proprio il non-essere ciclico sarebbe
garanzia dell’essere – conclusione paradossale. In altri termini, il passaggio
dal non-essere all’essere e viceversa connota l’esistenza temporale, ma si
potrebbe dare qualcosa senza
esistenza che sarebbe.
Dio non deve esistere… per essere.
Ma se l’esistenza è un divenire continuo (cioè, il tempo),
l’essere non deve più esistere: deve
essere al di fuori del tempo.
Però, in una cosa al di fuori del tempo, non accadrebbe nulla. E
quindi sarebbe di un’immobilità e staticità noiosissimi, senza mutamento alcuno
o con un mutamento caotico.
Ecco perché l’essere a un certo punto ha emanato il non-essere,
il tempo e il divenire – il mondo. Per non morire dalla noia.
Comunque quell’essere primitivo si è messo in gioco
dissolvendosi. Ma ora è in noi e ha bisogno di morire ogni tanto. Proprio come
il seme, che deve morire per germogliare o come la pupa che deve morire per generare
la farfalla. Si passa da uno stadio all’altro, rimanendo però in un certo senso
sempre gli stessi.
Nella Bhagavad Gita, si dice che morire è come cambiare d’abito.
Noi oggi potremmo dire che è come formattare un disco. L’hardware è sempre lo
stesso, ma il software viene cancellato… anche se con appositi programmi
qualcosa del vecchio si recupera. Chissà mai.
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