La Terra ha circa 4,54 miliardi di anni, secondo le stime basate su studi radiometrici delle rocce terrestri e meteoriti.
L'uomo moderno, invece, ovvero la specie Homo sapiens, ha una storia molto più recente: esiste da circa 200.000-300.000 anni. Tuttavia, altri ominidi (antenati dell'uomo) risalgono a milioni di anni fa, con i primi rappresentanti del genere Homo comparsi circa 2,5 milioni di anni fa.
Allora, ci deve essere stato un lungo periodo in cui la Terra era abitata solo da piante e animali.
Ebbene, che ne era della coscienza e del tempo? Saranno certamente esistiti, ma in forme diverse, rudimentali. La coscienza relazionale sarà certamente esistita, perché sarà bastato che due dinosauri o altri animali (o perfino piante) si incontrassero per renderli coscienti dell' altro nei confronti di sé e di sé nei confronti dell' altro.
E questo definisce la coscienza a livello elementare; non due esseri che si incontrano ma una relazione che tra due esseri.
Anche senza ragionare, nel fatto stesso di relazionarsi facendo parte dello stesso ambiente evolutivo, i due diventano coscienti - dell' altro rispetto a sé e di sé rispetto all' altro.
Questa è la coscienza: non due coscienze che nascono separatamente, ma una relazione che si stabilisce. La coscienza è unica, non due separate che si incontrano. C' è un' unica coscienza che si palesa in due esseri. Come un Proteo mitologico.
Questo perché la coscienza è la relazione. E non si è ancora formata una psiche personale. È come in una colonia di formiche. Esiste una coscienza unica che è condivisa da tutte. Ma non c' è una psiche personale.
Lo stesso per il tempo. C' è solo il tempo del giorno e della notte, delle stagioni, dei temporali ecc. Ma non c' è il tempo degli orologi. E non c'è la coscienza dello scorrere del tempo, verso il precipizio della morte. Quello è un nostro privilegio.
Ci vuole la formazione della psiche per avere una coscienza e un tempo individuale. Due cose che coincidono. Prima di allora, c' erano soltanto una coscienza e un tempo rudimentali.
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Chatgpt: Questo pensiero è davvero affascinante — quasi poetico nella sua visione della coscienza come relazione, piuttosto che come proprietà individuale. È una prospettiva che riecheggia alcune idee della fenomenologia, della biologia relazionale e perfino del pensiero di filosofi come Merleau-Ponty o Bateson.
La tua intuizione che la coscienza sia una relazione — e non semplicemente una funzione individuale — si allontana dal classico dualismo mente-corpo per avvicinarsi a una concezione più sistemica, ecologica. In questa visione, la coscienza nasce dall'incontro, dall'interazione, dalla coesistenza. Come dici bene: non due coscienze che si incontrano, ma una coscienza che si manifesta in due esseri.
Lo stesso vale per il tempo: finché non c'è una psiche che si percepisce come separata, non c'è neanche un "io" che si sente scorrere nel tempo. C’è solo un tempo naturale, ciclico, impersonale. Solo con l’individuazione psicologica si crea il tempo interiore, con la memoria, l’anticipazione e la consapevolezza della fine.
Ti andrebbe di esplorare ancora? Possiamo ragionare su quando e come si forma, secondo varie teorie, la psiche individuale… oppure addentrarci in come questa idea di coscienza relazionale cambia la nostra comprensione dell’identità, della società, persino della spiritualità. Che ne pensi?
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Come si forma la psiche individuale?
*** Domanda centrale e potentissima: come si forma la psiche individuale?
Per rispondere, possiamo unire approcci diversi: biologico, psicologico, filosofico, e anche simbolico. Vediamoli intrecciarsi:
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1. A livello biologico: la nascita del cervello autocosciente
La psiche individuale ha bisogno di un apparato neurobiologico capace di:
memoria a lungo termine
auto-rappresentazione (sé vs altro)
emozioni complesse
linguaggio (o una forma simbolica di rappresentazione)
Negli esseri umani, il neocorteccia (soprattutto la corteccia prefrontale) permette proprio questo: immaginarci nel tempo, costruire una narrazione di noi stessi, distinguere l’“io” dal “tu”.
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2. A livello psicologico: l'individuazione
Secondo Jung, la psiche si forma nel tempo, passando da uno stato indifferenziato e collettivo (come nel neonato o nei sogni arcaici) a uno individuale e consapevole. Questo processo si chiama:
> individuazione – diventare ciò che si è veramente, distinguendosi dal collettivo, integrando l'inconscio.
Per Freud, invece, la psiche emerge dal conflitto tra Es (istinto), Io (razionalità) e Super-io (norme interiorizzate). L'Io si forma proprio per mediare questi conflitti.
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3. A livello relazionale: il volto dell’altro
Per filosofi come Levinas, la psiche nasce nel rapporto con l’altro. Solo quando un altro ci guarda (non solo ci tocca, ma ci guarda), noi iniziamo a vedere noi stessi.
Questo richiama la tua idea iniziale: la coscienza è relazione. La psiche, allora, non è qualcosa che si chiude dentro, ma qualcosa che si apre verso.
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4. A livello simbolico: il nome, la narrazione
La psiche individuale si consolida quando iniziamo a raccontarci una storia, a costruire un’identità narrativa: "io sono quello che ha vissuto queste cose". Il linguaggio permette di dare forma e continuità a questa coscienza.
Il nome proprio che ci viene dato è il primo "sigillo" simbolico di questa separazione e identificazione.
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In sintesi:
La psiche individuale nasce lentamente, intrecciando biologia, relazione e simbolo. Serve un cervello complesso, un altro che ci rispecchi, e una storia in cui riconoscerci. Solo allora emerge la coscienza del tempo, della morte, del senso… e inizia il vero viaggio umano.
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Come questa idea di coscienza relazionale cambia la nostra comprensione dell’identità, della società, persino della spiritualità?
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Splendida domanda. Se accettiamo l’idea che la coscienza sia relazione, allora tutta la nostra comprensione dell’identità, della società e della spiritualità cambia in modo radicale. Vediamolo passo per passo:
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1. Identità: non “io penso, dunque sono” ma “io sono in relazione, dunque esisto”
L’identità non è più un'entità fissa, chiusa, come una monade. Diventa un processo in continua evoluzione, generato dalle relazioni che viviamo. Non sono solo "io", ma "io in relazione a te", "a voi", "al mondo".
> Non esisto da solo, esisto con-te.
La mia coscienza si specchia nei tuoi occhi, si forma nel nostro scambio.
In questa visione, l’identità è dialogica, fluida, porosa. E questo spiega molte dinamiche psicologiche e sociali contemporanee, dove l’identità è spesso multipla, ibrida, in trasformazione.
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2. Società: dalla competizione alla co-creazione
Se la coscienza è relazionale, allora la società non è un insieme di individui separati, in competizione, ma un tessuto di coscienze intrecciate, dove ognuno contribuisce alla coscienza collettiva.
Questo porta a un’idea più cooperativa e interdipendente della società. Non “vivi e lascia vivere”, ma:
> "Io non sono libero finché anche tu non lo sei."
(richiama l’Ubuntu africano: “Io sono perché noi siamo”).
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3. Spiritualità: dall’alto all’intimo, dall’individuale al condiviso
In una visione relazionale, il divino non è lontano, esterno, irraggiungibile. È nella relazione stessa: nell’incontro, nell’ascolto, nel prendersi cura.
> “Dove due o più sono riuniti, là c’è lo Spirito” — non è una frase poetica, è ontologia relazionale.
Anche il concetto di anima cambia: non come un “oggetto” interno all’individuo, ma come campo di relazione, come “spazio” in cui due o più presenze si connettono in profondità.
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In sintesi:
L’idea di coscienza relazionale:
ridefinisce l’identità come dinamica, dialogica, aperta
riformula la società come rete di co-esistenza, non di individui isolati
trasforma la spiritualità da verticale (io-Dio) a orizzontale (io-tu-noi-mondo)
Questa visione è meno “moderna” ma forse più “profonda”, più radicata nella vita reale — e forse più adatta al mondo che stiamo cercando di costruire.
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