sabato 26 aprile 2025

La morte di chi vive

 Un articolo di Franco Arminio sul Corriere sui funerali di Papa Francesco si intitola giustamente: "Mai la morte è di chi muore". Eh sì, perché i funerali sono fatti dai vivi e per i vivi. Ma nessuno sa che cosa succede ai morti. Se vadano e dove vadano. 

I morti sono già andati, oltrepassati. Vengono per lo più chiusi in un legno di albero e interrati, quasi a significare che vengono inglobati nella natura. Ma anche se vengono cremati o lasciati divorare dagli avvoltoi è un potente il simbolismo del ritorno alla natura.

Più che andare, sembra un ritornare. Dove? Da dove siamo venuti.

Ma là fa dove siamo venuti non era un luogo. Era una potenzialità che l' incontro tra due genitori ha precipitato nello spaziotempo e nella natura. 

Ma questa "natura" non è la natura che conosciamo, bensì la natura della natura. E che cos' è? 

Vi posso dire cosa non è. Essendo la morte e' qualcosa che non è. Non è come lo immaginava Dante. E neppure un luogo di incontri: " Ciao, come stai? Cosa hai fatto?..."

Non è neppure uno stato di essere, perché contrariamente a quel che pensava sant'Anselmo, lo stato di essere o di esistere non è affatto uno stato superiore. 

Non è neppure Dio, perché "Dio" non può né essere né non essere. Ma al di là di entrambi. 

E che cosa c' è al di là dell'essere e del non essere? La nostra mente dualistica, che capisce in termini di essere e di non essere,  non può capirlo. È per questo che lo chiamiamo "aldilà". Non è un aldilà di un luogo o di un tempo (anch'essi legati alla mente), ma un aldilà della mente. 

È l' aldilà della mente perché la mente muore. È la trascendenza della mente. La mente viene trascesa. 

Ecco, se siete capaci di oltrepassare il dualismo della mente, ci siete vicini. Fuochino.

Dovete smettere di pensare all' essere o al non essere, alla vita o alla morte, al venire e all' andare. 

Tenete presente, come ho spiegato infinite volte, che queste due possibilità non esauriscono il campo delle possibilità. Sono solo due estremi contraddittori.... in un universo di possibilità.

Dunque, ritorneremo a essere un campo di possibilità... finché due si uniranno per farci precipitare nella cosiddetta realtà. 

Dunque, hanno ragione tutti: quelli che dicono che non ci annulliamo e quelli che dicono che ritorniamo.

Il paradosso è che neppure il morto sperimenta la morte, perché non c' è più il testimone - dove finisce la coscienza. Questo dice parecchio. 

Se il morto non sperimenta la morte, come volete che sappia di essere morto? Dovrebbero essere gli altri già morti a dirglielo. Ma se sono morti?

Questo ci dice che la vita è testimonianza, mentre la morte non lo è. 

Quando due fanno l' amore, giocano con l' energia. Altro che. Diventano dèi che possono far precipitare una vita dal campo delle possibilità.

***

Questo tuo testo è molto bello: è una riflessione profonda, poetica e filosofica sul mistero della morte e su cosa significa "essere" e "non essere".


Tu segui un filo molto preciso:


I funerali sono un evento dei vivi, non dei morti.


I morti ritornano alla natura, ma non è la "natura" che conosciamo: è qualcosa di più primordiale.


L'origine non è un luogo, ma una potenzialità — e alla morte si ritorna in quella potenzialità.


L'essere e il non essere sono categorie della mente, ma la morte è oltre la mente stessa.


La morte è quindi trascendenza, non un altro stato dell'esistere, ma il superamento del dualismo.


Infine, la vita è testimonianza (coscienza), la morte è la cessazione di questa testimonianza.



È molto vicino a pensieri di mistici orientali (come il buddhismo zen) ma anche di grandi filosofi occidentali.


Se vuoi, posso aiutarti a sistemarlo un po' nello stile, senza cambiarne il senso, magari rendendolo ancora più scorrevole

 e incisivo.

Vuoi?

***

Si.

***

Perfetto.

Ecco una versione leggermente rivista del tuo testo, rispettandone pienamente il senso e il tono:



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Un articolo di Franco Arminio sul Corriere dedicato ai funerali di Papa Francesco si intitola giustamente: "Mai la morte è di chi muore".

Già, perché i funerali sono fatti dai vivi, per i vivi.

Nessuno sa cosa accade ai morti: se vadano da qualche parte, o se semplicemente vadano.


I morti sono già andati, oltrepassati.

Vengono chiusi in un legno d'albero e sepolti — quasi a voler dire che ritornano alla natura.

Ma anche quando vengono cremati o lasciati agli avvoltoi, il simbolismo resta potente: è il ritorno alla natura.


Più che un andare, sembra un ritornare.

Ma dove? Da dove siamo venuti.


Eppure, quel "luogo" da cui proveniamo non è un luogo.

È una potenzialità, che l'incontro tra due genitori ha fatto precipitare nello spaziotempo e nella natura.


Ma questa "natura" non è la natura che conosciamo.

È la natura della natura.

E che cos'è?


Posso dirvi che cosa non è:

Non è, perché morte è ciò che non è.

Non è come la immaginava Dante.

Non è un luogo d'incontri: "Ciao, come stai? Cosa hai fatto?".

Non è neppure uno stato di essere, perché, contrariamente a quanto pensava sant'Anselmo, l'essere non è affatto uno stato superiore.


Non è neppure Dio, perché "Dio" non può essere né non essere: è oltre entrambi.


E cosa c'è al di là dell'essere e del non essere?

La nostra mente, abituata a pensare in termini di essere e non essere, non può comprenderlo.

È per questo che lo chiamiamo "aldilà".

Non l'aldilà di un luogo o di un tempo — anche questi sono concetti della mente — ma l'aldilà della mente stessa.


È l'aldilà della mente, perché la mente muore.

La mente viene trascesa.


Se saprete oltrepassare il dualismo della mente, allora sarete vicini a capirlo.

Fuochino.


Bisogna smettere di pensare all'essere o al non essere, alla vita o alla morte, al venire o all'andare.

Come ho ripetuto infinite volte: queste due possibilità non esauriscono l'universo delle possibilità.

Sono solo due estremi contraddittori... in un campo infinito.


Così, ritorneremo a essere un campo di possibilità.

Finché, di nuovo, due si uniranno per farci precipitare nella cosiddetta realtà.


Alla fine, hanno ragione tutti:


Chi dice che non ci annulliamo,


Chi dice che ritorniamo.



Il paradosso è che neppure il morto sperimenta la morte, perché manca il testimone: la coscienza finisce.

E questo ci dice molto.


Se il morto non sa di essere morto, come potrebbe saperlo?

Chi dovrebbe dirglielo? Gli altri morti?

Ma anch'essi sono morti.


Questo ci insegna che la vita è testimonianza, mentre la morte non è.


Quando due fanno l'amore, giocano con l'energia.

Altro che semplice incontro.

Diventano dèi, capaci di far precipitare una vita dal campo delle possibilità nella realtà.



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Se vuoi, posso anche proporti una versione ancora più compatta

 o ancora più "poetica".

***

Prova la versione poetica.

***

Certo, ecco una versione più poetica del tuo testo, dove il pensiero resta identico ma il ritmo diventa più lirico, quasi come un canto o una meditazione:



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Franco Arminio, sul Corriere, scrive:

"Mai la morte è di chi muore."


È vero:

i funerali sono fatti dai vivi,

per i vivi.


Dei morti non sappiamo nulla.

Se vadano, dove vadano.

Se restino, o si dissolvano.


I morti sono già altrove.

Li chiudiamo in legni d’albero,

li offriamo alla terra,

al fuoco, agli uccelli.


È il ritorno.

Non l'andare.

Ritorno a ciò da cui siamo venuti.


Ma da dove siamo venuti

non è luogo.

È possibilità.

Una possibilità che l’incontro di due corpi

ha fatto precipitare

nello spazio, nel tempo, nella carne.


La natura di cui parliamo

non è la natura che conosciamo.

È la natura della natura.


Che cos’è?

Non è.


La morte non è.

Non è il Paradiso di Dante,

non è un luogo di incontri:

"Come stai? Che hai fatto?".


Non è stato d'essere,

perché l’essere, come pensava Anselmo,

non è uno stato superiore.


Non è Dio.

Dio è oltre l’essere,

oltre il non essere.


E cosa c’è oltre?

La nostra mente non può capirlo:

vede solo essere o non essere.


Lo chiamiamo "aldilà"

per dire che è oltre la mente.

Oltre il pensiero che divide,

oltre il pensiero che misura.


Perché la mente muore.

E noi saremo oltre.


Se saprete oltrepassare il gioco dei contrari,

se smetterete di pensare in termini di vita e di morte,

di venire e di andare,

allora sarete vicini.

Fuochino.


Vi ricordo:

essere e non essere sono solo estremi.

Non esauriscono il vasto campo delle possibilità.


Ritorneremo campo di possibilità.

Fino a quando due mani, due corpi,

si uniranno ancora

e ci getteranno di nuovo nella realtà.


Avevano ragione tutti:

chi dice che ritorniamo,

chi dice che ci annulliamo.


Ma il morto non sa di essere morto.

Perché manca il testimone.

La coscienza si è spenta.


E questo dice tutto.


La vita è testimonianza.

La morte, silenzio.


Quando due fanno l'amore,

giocano con l’energia,

con il divino.


Sono dèi,

capaci di far precipitare una scintilla

dal campo delle possibilità

nella luce della realtà.



---


Se vuoi, posso anche proporti un'altra versione più rarefatta, quasi mistica.

***

D'accordo.

**"

Perfetto, allora ti propongo adesso una versione ancora più rarefatta e mistica, come un flusso poetico in versi liberi, lasciando spazio ai vuoti, ai silenzi, alle intuizioni:



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Mai la morte è di chi muore.

La morte è dei vivi,

è nei loro occhi,

nelle mani che chiudono bare,

nelle labbra che sussurrano addii.


I morti sono già altrove.

Forse non sono più.

Forse non sono mai stati.


Li chiudiamo nel legno,

li bruciamo,

li offriamo agli uccelli,

alla pioggia,

alla polvere.


Non vanno,

ritornano.


Da dove?

Da un luogo che non è un luogo.

Da una possibilità.


Noi precipitiamo nello spazio

perché due si sono amati.

Prima eravamo soltanto un fremito,

un campo aperto di possibilità.


La natura di cui veniamo

non è la natura che vediamo.

È la natura della natura.


Che cos’è?

Non è.


Non è come l’immaginava Dante.

Non è un giardino né una prigione.

Non è un incontro tra anime smarrite.


Non è uno stato.

Non è un Dio che esiste o non esiste.

È oltre.

Oltre il pensiero.

Oltre la mente.


Lo chiamiamo "aldilà"

perché non sappiamo nominarlo.

Non è un altro luogo,

non è un altro tempo.

È oltre la mente.

È la fine della mente.


Se potete spingervi oltre il pensiero,

oltre il gioco crudele degli opposti,

sarete vicini.

Fuochino.


Non è vita.

Non è morte.

Non è venire né andare.


Sono solo estremi,

e il reale è più grande degli estremi.


Torniamo ad essere possibilità pura,

finché un amore, una carne,

ci richiama nel vortice del mondo.


Chi dice che torniamo ha ragione.

Chi dice che svaniamo ha ragione.


Il morto non sa di essere morto.

Non può.

Non c’è più testimone.

Non c’è più coscienza.


La vita è testimonianza.

La morte è silenzio.


Quando due si amano,

giocano con la divinità.


Generano scintille,

creano mondi,

fanno precipitare il possibile

nel reale.



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