Quando
si parla di antinomie, ci si riferisce a due concetti contrapposti, come per
esempio bene e male. In apparenza sembra che l’uno debba escludere l’altro, ma in
realtà l’uno non potrebbe esistere senza l’altro. Quindi, se parliamo di bene,
è chiaro che ci riferiamo anche al concetto di male, dato che non potremmo
pensare l’uno senza l’altro. E questo vale per tutte le antinomie.
Potremmo
allora pensare che tali antinomie, che sono migliaia in tutte le lingue, siano
semplici concetti, cui non corrisponde nessuna realtà. Certamente, per
l’antinomia bene/male esistono mille interpretazioni dovute alla cultura, alle
società, ai tempi e alla storia, e perciò potremmo pensare che questi giudizi
di valori riguardino solo il linguaggio. Per esempio, uccidere è sicuramente un
male, ma uccidere un nemico in guerra oppure per difendersi o uccidere un
animale per cibarsene non è più un male assoluto. Per il leone che uccide la
gazzella o per l’uomo che uccide il vitello è un bene. Quindi potrebbe
trattarsi di semplici giudizi di valore, del tutto convenzionali.
Ma
adesso prendiamo l’antinomia piacere/dolore. Qui non possiamo parlare di
semplici giudizi convenzionali, perché qualunque persona o animale cui strappo
un braccio o una zampa griderà dal dolore. Perciò il dolore può corrispondere a
una percezione reale, concreta, non a un’impressione fugace o a un concetto
convenzionale. Invece un dolore psicologico può non dipendere da fattori
fisici, ma solo mentali.
Comunque,
che siano solo mentali o reali, tutte queste antinomie operano nella nostra
mente. E siccome la nostra mente è un prodotto della natura, riflettono in
qualche modo, più o meno, il modo duale e oscillatorio in cui è fatto il
mondo. Voglio dire che la luce e l’oscurità sono certamente concetti della
nostra mente, ma riflettono anche esperienze reali universali. E così il
dolore/piacere, l’amore/odio, l’alto/basso, il positivo/negativo, il
caldo/freddo, l’inspirazione/espirazione, il giusto/l’ingiusto, il
bello/brutto, il relativo/assoluto, la vita/morte, il caso/necessità, ecc. ecc.
Voglio dire che se c’è l’uno ce l’altro, almeno a livello interiore/esteriore…
Come vedete, è difficile dire cosa sia reale e cosa no, che cosa sia solo un
concetto e che cosa anche reale; bisogna che almeno uno dei due sia oggetto di
esperienza. Se l’uno è reale, anche l’altro lo è. Se c’è il caldo, sono sicuro
che c’è anche il freddo.
Se
invece prendo concetti antinomici della cui esistenza non posso essere sicuro
(per esempio, dio e diavolo), perché non li percepisco direttamente, allora non
posso affermare nulla della loro corrispondenza nella realtà.
In
ogni caso, le antinomie sono fondamentali per la conoscenza del mondo. Se non
ci fossero, non potremmo andare oltre i singoli oggetti. Ci vuole il contrasto
complementare per allargare la nostra conoscenza… e la mente.
Ora
il mondo è certamente in gran parte duale nel senso che le forze fondamentali
della natura vanno sempre in coppia e, pur contrastandosi, sono sempre
complementari, ossia due aspetti di una realtà comune oscillante. In fisica
questo è provato; ma anche in psicologia, dove la contraddittorietà e
l’ambiguità sono la regola. Anche la psicoanalisi freudiana ci dice che, per
esempio, l’amore e l’odio sono due pulsioni innate che coesistono in ciascuno
di noi.
Ma
anche per quanto riguarda le strutture fisiche anche noi siamo in gran parte
duali (due occhi, due mani, due orecchie, due gambe, due reni… due cervelli. Se
abbiamo due emisferi cerebrali, significa che l’uno contrasta e sostiene
l’altro in una complicata rete di connessioni. Ma questo è anche all’origine
della coscienza, che, in parole povere, significa che siamo due – siamo due in
uno, nascendo da due persone che sono un’altra antinomia fondamentale - il
maschio e la femmina! - che ci viene trasmessa.
Il
maschio e la femmina sono complementari e devono accoppiarsi per
generare un individuo, ma devono essere contrastanti per natura. E questo è
all’origine dell’amore/odio. Potremmo dire che la realtà funziona attraverso un
rapporto di attrazione/repulsione che dà mobilità al tutto. Se non ci fosse
questa contesa, e la mobilità che ne consegue, tutto sarebbe fermo, immobile.
“In
fisica, per esempio, l’elettromagnetismo è una forza che può essere attrattiva
o repulsiva, secondo la carica elettrica delle particelle coinvolte. Le
equazioni di Maxwell possono essere formulate in modo che il campo elettrico e
il campo magnetico siano intercambiabili. Nella fisica quantistica, la materia
e l’energia possono avere proprietà sia ondulatorie sia corpuscolari.
L’elettrone e il protone possono essere visti come due aspetti della stessa
entità fondamentale. Nella teoria delle stringhe, le particelle elementari sono
viste come vibrazioni di minuscole stringhe energetiche. E poi ci sono le
antiparticelle che hanno la stessa massa delle particelle ordinarie, ma due
polarità opposte. L’antiparticella dell’elettrone, che ha carica elettrica
negativa, è il positrone, che ha la stessa massa ma carica elettrica positiva.
L’antiparticella del protone è l’antiprotone; l’antiparticella del neutrone è l’antineutrone. Insomma, le antiparticelle sono le
controparti opposte delle particelle che compongono la materia ordinaria. E
naturalmente esiste l’antimateria, teorizzata negli anni ’20 e poi confermata
sperimentalmente negli anni ’30.”
Come
si vede da questi dati presi alla rinfusa con l’IA, è evidente che il mondo è
in gran parte duale.
Quindi
la mente è duale e pensa per antinomie complementari, perché il mondo e il
cervello sono duali.
Si
dirà che la fisica si occupa dei moti, che riesce a misurare. È vero. Ma i
“moti” sono innanzitutto quelli
dell’anima, che oscilla e vibra continuamente e vitalmente. La parola “emozione”
dice tutto. Deriva dal deriva
dal latino "emovere", che significa "muovere fuori",
"scuotere". L'etimologia ci fornisce già un indizio sulla natura
stessa delle emozioni: esse sono vissute come turbamenti del nostro stato
abituale di relativo equilibrio, che ci "agitano" e ci
"muovono". Il
problema è che non riusciamo a misurarli, pur essendone continuamente animati. Eppure gran parte
delle nostre decisioni sono prese in base ad emozioni.
Nulla
sta fermo, tutto cambia, tutto è moto - dalla più piccola cellula alle
galassie. L’universo è in moto continuo, dalla materia ordinaria alla psiche
umana, che ne è un prodotto. Un gigantesco scontro armonico tra forze opposte.
A
questi “moti”, non importa se esteriori o interiori, si applica la legge
dell’azione/reazione formulata da Newton. La materia e la psiche-anima seguono
questa stessa legge, misurabile nel primo caso, non misurabile (ma vitale) nel
secondo.
Un’idea
del genere la troviamo nel concetto di “karma”. Il karma è un
concetto complesso con diverse interpretazioni a seconda della religione e
della filosofia di riferimento. In generale, il karma può essere definito come
la legge di causa ed effetto che regola le nostre vite. In altre parole, ogni
azione che compiamo, sia fisica che mentale, ha un effetto su di noi e sul
mondo che ci circonda.
Ogni azione
ha una conseguenza, positiva o negativa. Le nostre azioni non solo influenzano il
presente, ma anche il futuro, e l'intenzione con cui compiamo un'azione è
importante quanto l'azione stessa. Un'azione compiuta con buone intenzioni avrà
un effetto positivo, anche se le conseguenze immediate non sono positive.
Secondo alcune religioni, il karma determina la nostra rinascita in una nuova
vita. Le nostre azioni in questa vita influenzeranno la qualità della nostra
prossima esistenza. Il karma, secondo l’opinione comune, tende a creare
equilibrio nella nostra vita. Se compiamo azioni negative, prima o poi ci
troveremo ad affrontare le conseguenze. Allo stesso modo, se compiamo azioni
positive, sperimenteremo felicità e benessere.
In Occidente
il karma viene spesso visto come una legge di retribuzione, in cui le persone
buone sono premiate e le persone cattive sono punite.
È importante
sottolineare che il karma non è una punizione o una ricompensa divina. È
semplicemente la legge di causa ed effetto che regola l'universo. Il nostro
obiettivo dovrebbe essere quello di vivere una vita in armonia con il karma,
compiendo azioni positive e consapevoli. Quindi si dice che bisogna essere consapevoli
delle nostre azioni e delle loro conseguenze.
Qui, però,
entra in campo la legge delle oscillazioni, che evidenzia un altro principio:
ogni azione, ogni “moto”, dà origine in realtà ad un effetto opposto: la
reazione! Perciò non è vero che un’azione positiva generi una reazione
altrettanto positiva. Ma, al contrario, una reazione negativa. Questo è
il punto.
La stessa
antinomia positivo/negativo, che si applica sia alle forze materiali sia alle
forze psichiche, ce lo conferma. È il positivo che genera il negativo e
viceversa. Come la mettiamo?
Nella
definizione tradizionale di karma c’è una frase rivelatrice: “Un'azione
compiuta con buone intenzioni avrà un effetto positivo, anche se le conseguenze
immediate non sono positive.” Ci si era già accorti che le azioni che noi
giudichiamo benefiche danno sul momento effetti negativi. Come mai? Secondo la
logica che ha sempre prevalso, le azioni positive dovrebbero dare vita a
ricompense altrettanto positive. Ma noi abbiamo visto che le reazioni sono di
segno opposto. Provare per credere. Fate un’azione che secondo voi è positiva e
guardate se ve ne viene un effetto positivo o negativo.
Dice l’IA:
“La legge di azione e reazione, formulata da Isaac
Newton, afferma che per ogni azione compiuta da un corpo, esiste una reazione
uguale e contraria. Questa legge è un principio fondamentale della fisica e si
applica a tutti i corpi fisici, inclusi gli esseri umani.
Tuttavia, quando si tratta di azioni umane, la legge
di azione e reazione assume una connotazione più complessa. Le azioni umane,
infatti, non sono solo il risultato di forze fisiche, ma sono anche influenzate
da fattori psicologici, sociali e culturali.
Per esempio, se una persona colpisce un'altra persona,
la seconda persona subirà una reazione fisica uguale e contraria al colpo
ricevuto. Tuttavia, la reazione psicologica e sociale alla violenza può essere
molto più complessa e dipendere da una serie di fattori, come la relazione tra
le due persone, il contesto in cui avviene la violenza e le norme culturali
vigenti.
In generale, si può dire che la legge di azione e
reazione è un principio valido anche per le azioni umane, ma che la sua
applicazione è più complessa rispetto al caso di oggetti inanimati. Le azioni
umane sono infatti influenzate da una serie di fattori che non sono solo di
natura fisica, e questo rende la loro analisi e previsione più difficile.
Ecco alcuni esempi di come la legge di azione e
reazione si applica alle azioni umane:
·
Se una persona urta un'altra persona, è probabile che
la seconda persona urti a sua volta o si allontani.
·
Se una persona compie un atto di gentilezza verso
un'altra persona, è probabile che la seconda persona si senta grata e
contraccambi.”
In conclusione, la legge di azione e reazione è
un principio fondamentale che può essere applicato anche alle azioni umane.
Qui però non ci occupiamo di azioni
psicologiche, che dipendono da mille fattori individuali, ma delle reazioni
impersonali agli eventi umani. Non vogliamo sapere come ha reagito
personalmente un certo individuo, ma che cosa le azioni degli uomini provochino
nella rete degli eventi, indipendentemente dalla volontà dei singoli.
E, indipendentemente dalla volontà dei singoli,
ogni azione darà origine a una reazione uguale ma contraria.
Quindi aveva ragione il Tao Te Ching quando affermava
che il bello e il brutto - e tutte le antinomie - si generano a vicenda e sono
come due facce della stessa medaglia.
Nel mondo, tutto si trasforma secondo un
movimento oscillatorio che lo porta ad essere il suo contrario.
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