mercoledì 18 novembre 2015

Superare le identificazioni

Il nostro problema è che crediamo di sapere chi siamo: abbiamo una precisa immagine di noi stessi, come la foto di una carta d’identità. “Questo sono io” diciamo.
Sentiamo di essere quella persona, nata il…, figlia di…, che ha vissuto a…, che ha tot anni…, che ha studiato a…, che ha fatto quelle esperienze, ecc.
Ma è proprio questa convinzione che ci chiude in uno spazio angusto, dove poi ci sentiamo imprigionati.
Sentirsi individui è sentirsi ingabbiati.
Ma proviamo per qualche attimo a dimenticarci tutto, a non pensarci, a non identificarci con quella persona. Che cosa rimane?
Qualcosa rimane, perché non è che spariamo all’improvviso.
Quello che rimane è una pura presenza e quello che scompare è la vecchia identificazione con l’io della carta d’identità.
Il modo in cui pensiamo di essere, il modo in cui siamo convinti di essere, è la nostra identificazione, cioè la nostra identità empirica.
Però un’identità di questo genere è chiaramente un costrutto mentale, dunque qualcosa che può essere cambiato o soppresso.
Ed è la meditazione, con la sua sospensione dell’identificazione tradizionale, che ci toglie questa ingessatura e ci permette di ritrovare lo spazio più ampio in cui era incastonata la vecchia identità.

Che cosa proviamo? Non ci sentiamo più liberi?

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